COMITATO DIRETTIVO DELLA FEDERAZIONE DEMOCRATICA INTERNAZIONALE DELLE DONNE.

Lisbona, 23-25 aprile 2006

La cittadina di Alcochete affacciata sull'oceano, in Portogallo, ha ospitato la riunione del comitato direttivo della Federazione democratica internazionale delle donne (Fdim-Widf), dal 23 al 25 aprile.
Alcochete è a mezz'ora da Lisbona, appena oltre il ponte nuovo Vasco de Gama, ed ha un'amministrazione comunista-verde che ha messo a disposizione dell'incontro il suo moderno e attrezzato Forum cultural con grande spirito di accoglienza.
Il calore e l'impegno delle compagne del Movimento democràtico de mulheres, che si sono fatte carico della fatica organizzativa, hanno poi trasformato l'occasione in un evento, per noi che eravamo convenute lì dai cinque continenti e per le stesse donne portoghesi che ci ospitavano. Abbiamo avuto l'opportunità preziosa di partecipare ad un festoso e colorato 25 aprile in piazza Rossio, dove Lisbona rivive ogni anno l'emozione della rivoluzione dei garofani rossi, che 32 anni fa abbatté il regime fascista di Salazar. E ci è stata offerta una commovente serata di solidarietà, sulle note del fado, nella moresca Casa do Alentejo.

Ma c'era un'altra ragione che rendeva speciale la riunione della Fdim: il principale punto all'ordine del giorno era la preparazione del congresso della federazione, che si terrà l'anno prossimo. Non si trattava solo di discuterne modalità, temi, luogo e data. Per questo sarebbe bastata una riunione di routine. L'intenzione dichiarata dalla presidente della Federazione, la brasiliana Marcia Campos, è quella di costruire un percorso di preparazione il più ampio e coinvolgente possibile, e questo giustifica l'invito allargato a numerose organizzazioni non affiliate, come appunto l'Associazione donne della regione mediterranea, che Lia Amato ed io rappresentavamo.

Ci è parso che niente fosse scontato, la discussione che ha coinvolto tutte le presenti nelle tre giornate dei lavori, sia in plenaria che nelle commissioni di lavoro, è stata vivace e non rituale.
E abbiamo capito che la Fdim, che dichiara oggi 160 organizzazioni affiliate nei cinque continenti, ha accettato una sfida non facile: dimostrare che non vive solo del richiamo alle ragioni delle origini, quelle proclamate al congresso fondativo di Parigi nel '45, o del solo prestigio e del peso della propria storia. E che non rischia di diventare un'organizzazione del terzo mondo, come sostengono un po' malevolmente le affiliate europee che si sono allontanate, perché non più disposte a mediare su questioni come quella dei diritti riproduttivi e sessuali.

Alla Fdim vanno ascritti molti meriti di portata storica e mondiale: per esempio, avere proposto l'istituzione nel 1975 dell'Anno internazionale della donna, che divenne poi Decennio e dette vita alle conferenze mondiali delle Nazioni Unite a Nairobi nell'85 e a Pechino nel '95, pietre miliari del cammino planetario delle donne. O di figurare tra i primi promotori della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne (Cedaw, 1979), che è alla base delle legislazioni della maggior parte dei paesi sui diritti delle donne. O ancora di aver contribuito alla stesura della Dichiarazione sulla partecipazione delle donne alla promozione della pace e della cooperazione internazionale, adottata dalle Nazioni Unite nell'81, che si può considerare il primo passo verso l'omologa Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza, dell'ottobre 2000.

L'attenzione all'intreccio tra tematiche di genere e di classe, alle questioni dell'indipendenza nazionale e della sovranità dei popoli, il primato dell'impegno contro le guerre e per la pace, l'interlocuzione critica con il sistema delle Nazioni Unite, l'unicità e la difficoltà di essere una realtà organizzata di donne appartenenti a paesi con regimi sociali differenti, in via di sviluppo, socialisti e capitalisti: insomma quelle caratteristiche che più hanno significato e nello stesso tempo complicato la vita della Fdim nel corso dei suoi sessant'anni, possono essere ancora un terreno fertile su cui possa crescere una politica delle donne per l'oggi e per il futuro?

I meriti storici da soli non bastano. Né presenze prestigiose di "grandi madri", come l'angolana Ruth Neto, la cubana Vilma Espin, o la pasionaria argentina Fanny Edelman, sono sufficienti a tenere insieme le diverse anime e a trovare oggi la possibile sintesi fra la razionalità critica e spesso impaziente delle europee, il tradizionalismo delle arabe che non riescono ad accettare neanche la semplice enunciazione dei diritti legati alla sessualità delle donne, i bisogni antichi e sofferti delle africane e l'entusiasmo che brucia le tappe delle latino-americane. Perché le ragioni delle origini continuino ad essere feconde, occorre saper innestare su di esse le necessità, le relazioni e le ragioni del nuovo secolo che è appena iniziato.

A questa necessità ci si è sforzate di rispondere nell'approntare una proposta di agenda congressuale, nella quale sono state elencate: l'impatto sulla condizione delle donne della globalizzazione neoliberista che induce aumento delle povertà e delle disuguaglianze, esacerba ogni tipo di discriminazione, le intolleranze e tutte le forme di violenza contro le donne, rafforzando i retaggi dei sistemi patriarcali. Le nuove sfide in questo mondo unipolare governato dall'egemonismo imperiale americano, dall'ideologia del profitto e dall'apologia del mercato che impone altre regole nel mondo del lavoro, annullando le conquiste di sicurezza sociale. L'effettivo potere politico e decisionale delle donne all'interno degli stati nazione e nelle istituzioni internazionali. L'uguaglianza di genere e i diritti delle donne, compresi quelli della salute riproduttiva e sessuale. Tutto questo accompagnato, e quasi tenuto insieme, da un'esplicita auto-sollecitazione a rileggere la storia della Fdim e a confrontarsi con i femminismi e le teorie di genere più recenti elaborate dai movimenti delle donne.

Quanto al luogo e alla data, è stato deciso che il congresso si terrà nell'ultima settimana di marzo 2007 a Caracas, in Venezuela. Per arrivare a questa decisione, le delegate latino-americane hanno messo in campo, a ragione ben veduta, tutto il loro persuasivo entusiasmo. Un anno di tempo, con una tappa intermedia di verifica a Berlino, in autunno.

Ada Donno

 

 
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