Oggi sembro la mamma della
donna che ero
Campeggia in un manifesto sulla violenza alle donne un grosso pugno chiuso.
Ovviamente è una mano maschile. La stessa che si è abbattuta
improvvisa sulla mia faccia, in una mattina che sembrava solo intrisa
dell'odore del caffè, servito al letto al proprietario di quella
mano.
Lo stesso letto dove di notte gli avevo servito il mio corpo, e la mia
pelle bianca, le mie gambe aperte.
- Il caffè è caldo, mio Signore! E il pranzo sta cuocendo
sul fuoco. E sono le sette e trenta di mattina. Andrò a scuola,
mio Signore, a insegnare ai bambini.
- A scuola? Tu mi lasci il pranzo pronto, puttana, e non me lo servi come
fai
sempre, perché devi insegnare ai ragazzini?!..
E il pugno si abbatte quale macigno di roccia sulla mia faccia ancora
incredula, dopo decenni di torture.
Oggi sembro la mamma della donna che ero ieri.
Cammino per le strade vergognosa della mia faccia tumefatta. Ho la schiena
incurvata, i seni che non si protendono in fuori, come accade quando invece
cammino dritta, per farmi accarezzare dal sole.
Abbasso lo sguardo per non incontrare quello di nessuno. Vedo figure indistinte
di cui scorgo solo i piedi.
In ospedale le due impiegate dell'accettazione mi chiedono che cosa è
successo. Rispondo: - Un'aggressione.
- Da chi? - Chiedono ancora. E la parola marito che necessariamente pronuncio
mi fa venire solo voglia di vomitare.
Pure vorrei dire ai medici, all'infermiere, al poliziotto: - Vi prego,
non guardatemi come una donna che subisce. Io non sono questo. Io sono
una combattente, una guerriera. Sono tutto questo, è vero, e sono
lì. E loro, i medici, l'infermiere, il poliziotto, hanno imparato
a non guardare in nessun modo, ad avere una faccia umana, ma inespressiva,
per non ferire, pure mentre mi medicano mi feriscono, mentre refertano
mi feriscono, mentre verbalizzano mi feriscono, pur senza volere.
Oggi sembro la mamma della donna che ero ieri.
Ho il labbro gonfio, la mascella storta e la bocca che non posso aprire.
Pure mi
sento piena di rabbia, che deve necessariamente venir fuori.
Penso: chiamo la direttrice del mio giornale, le dico: - Vuoi la testimonianza
di
una donna che subisce da anni violenza domestica? Una testimonianza anche
accattivante, perché questa donna sa pure usare la penna.
Lei, la mia direttrice dirà: - Si, e chi è ?
Resterà di sale quando le dirò che sono io.
Mya
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