150.000 donne libere ovunque

Siamo partite alle sei del mattino dall’università della Calabria con il pulman messo a disposizione dal comitato per le pari opportunità. Un po’ assonnate ed appesantite dal lavoro di preparazione, ma contente di partire insieme per la manifestazione nazionale contro la violenza alle donne che si sarebbe tenuta nel pomeriggio a Roma.
L'Associazione MEDiterranean MEDIA ha aderito insieme alle associazioni femminili ed ai centri antiviolenza che da molti anni offrono su tutto il territorio nazionale sostegno e aiuto alle donne, ai bambini e alle bambine vittime di violenza.
MEDiterranean MEDIA ha invitato donne e uomini a partecipare alla manifestazione, così come ha fatto la casa delle donne di Pisa, perché:
- la violenza alle donne riguarda tutte e tutti, poiché non si tratta di una pura questione di ordine pubblico né di sicurezza urbana né tanto meno di un effetto collaterale dell'immigrazione;
- le case e i luoghi di lavoro, più delle strade, vedono le donne continuamente vittime di violenze e di abusi, e questa è una questione culturale che è necessario affrontare anche insieme agli uomini che hanno intrapreso un percorso di consapevolezza.
Desideriamo come associazione che le città diventino luoghi di civiltà e di convivenza civile e non di violenza ed emarginazione.
Siamo andate a Roma a manifestare perché vogliamo che:
1. non ci siano giustizieri ma giustizia;
2. si proponga un piano di azione che preveda interventi capillari sul territorio, nelle scuole, nelle università, nei servizi da mettere in campo attraverso la rete dei centri antiviolenza e delle associazioni delle donne;
3. vogliamo essere libere ovunque e non più vittime di abusi e violenze e per questo è necessario cambiare radicalmente il panorama culturale.
Questi ci sembrano gli aspetti centrali della questione che non hanno fatto esitare 150.000 donne provenienti da tutta l’Italia con le loro differenze ad aderire alla manifestazione con entusiasmo. Donne del nord e del sud d’Italia, ma anche donne del nord e del sud del mondo. Native e migranti, giovani e giovanissime, quarantenni e sessantenni insieme contro la violenza alle donne per provare a trasformare profondamente una società governata da millenni da una cultura patriarcale, è questa l’origine del male.
La ricerca della pietra di scandalo di un corteo festoso di donne e di qualche bambina non c’è. Il giornalismo sempre alla ricerca del clamore e raramente sulle tracce di una informazione di servizio anche questa volta ha cercato lo scalpo, le vittime.
Nella piazza dove si è conclusa la manifestazione non era previsto alcun comizio, nessun palco, nessuna leader che prendesse la parola a conclusione del corteo. Ma all’arrivo le manifestanti hanno trovato la sorpresa: un palco, montato da La 7, ospitava, sotto i suoi riflettori, le ministre. Quel piccolo spazio rialzato non era il luogo della manifestazione che ha sfilato lungo le vie di Roma era un "non luogo" estraneo alle organizzatrici, ma evidentemente tanto familiare a un certo mondo mediatico.
Le organizzatrici erano state chiare nessun comizio, nessuna leader che prendesse la parola, così come era stato chiesto di partecipare senza bandiere e striscioni di partito, perché l’iniziativa è del movimento delle donne: realtà plurale e variegata dove coesistono dialetticamente diversi femminismi e modi di essere "donne per scelta".
Gli uomini che hanno voluto partecipare senza protagonismo lo hanno fatto in coda al corteo o in mezzo a qualche striscione più accogliente, peccato che qualcuno sia stato allontanato, ma il separatismo era presente e andava rispettato. Le donne hanno sfilato gioiose con i loro striscioni e i loro cartelli: denuncia, bisogno di giustizia e libertà hanno caratterizzato gli slogan della manifestazione.
Una energia potente che ha sfilato per le vie di Roma. Anche il vento se né accorto e ha spazzato via le nuvole cariche di pioggia che avevano accolto i pulman delle manifestanti.
Il temporale, la pioggia battente, la fatica del viaggio sembravano alle 14,00 aver sopito l’entusiasmo delle manifestanti. A piazza Esedra c’era solo un pulman parcheggiato, qualche camion sgangherato con a bordo ragazze variopinte e poche donne inzuppate d’acqua.
Poi a poco a poco, si sono radunati i primi gruppi, quello emiliano, quello calabrese e via via le donne di Imola di Trama di terre, le donne sarde, i primi striscioni hanno incominciato a distendersi, sono comparsi i primi cartelli, le scritte sugli abiti e le facce, i bigodini sulla testa, le strade hanno incominciano a colorarsi di striscioni rosa, rossi, arcobaleno ed è stata festa.
Il flusso è aumentato e si è infittito, era un onda a tratti urlante di denuncia, a tratti gioiosa e danzante: "siamo la luna che muove le maree".

MEDiterranean MEDIA terrà alta l’attenzione sul dopo manifestazione, metteremo sul sito le riprese video del corteo, le foto, i volantini raccolti e le proposte su cosa fare qui ed ora per non disperdere quella meravigliosa e potente energia.

Nadia Gambilongo

 

Comunicato stampa Roma, 25 novembre 2007

La Casa internazionale pretende verità
Quando il dito indica la luna gli ipocriti guardano il dito

La Casa internazionale delle donne si rallegra per il successo della grande manifestazione del 24 novembre, nella quale 150.000 donne hanno denunciato i livelli intollerabili della violenza maschile contro le donne: una violenza che non conosce confini tra i paesi e le culture, e che soprattutto in famiglia si compie in modi efferati. Nella lunga preparazione della manifestazione, numerose assemblee nazionali avevano costruito un percorso di grande affermazione di autonomia delle donne, della loro autodeterminazione e della radicalità delle loro posizioni, in difesa della libertà femminile e contrarie ad ogni strumentalizzazione. La manifestazione intendeva denunciare il disconoscimento della realtà, compiuto nelle politiche securitarie: la violenza alle donne non c'entra nulla con il "pacchetto sicurezza" ma richiede piuttosto un decisivo salto di qualità culturale e antropologico, e un impegno politico in questo senso.
In particolare, si era perciò deciso di non avere palchi a conclusione del corteo, per evitare lo spettacolo dei soliti "cappelli" partitici. A piazza Navona, invece, le 150.000 donne hanno trovato ad accoglierle un "fuori programma", un palco televisivo, con donne parlamentari e ministre che in quella sede rappresentavano le istituzioni di governo e di opposizione. Aderire ad una manifestazione significa condividerne i contenuti, le pratiche, le finalità: sarebbe stato opportuno, per le politiche di professione, prendere sul serio le discriminanti poste dalle donne, ed evitare quindi ogni protagonismo mediatico.
Non dunque di intolleranza, si tratta, né tanto meno di violenza verbale: troppi organi di dis-informazione descrivono così la vivace reazione delle organizzatrici, secondo vecchi metodi maschili, ma perdono l'occasione di esplicitare il senso e la novità di una grande affermazione di autonomia politica delle donne.

La Casa Internazionale delle Donne - Roma