Conflitti    
di Francesca Bonsignori
Con gli occhi fissi verso la parete incolore riempivo la mia bocca di silenzi: pieni, forti, invadenti. La mia testa non riusciva a stare con me in quel minuscolo frammento del presente e vagava in un futuro pericoloso e incerto, traboccante di angoscia. Volevo scappare, anzi, volevo fermarmi, rifugiarmi in un istante sicuro dove respirare ancora…ma no…avanti…indietro…futuro…passato…
Era entrato svegliandomi dalla mia incoscienza e si era seduto sul letto tenendo tra le mani una tazzina di caffè fumante e piena di aroma: mi portava ancora silenzio. Come mi sento? Non so; forse si, ma non ho le parole per dirtelo. Mi vedi distratta? Lontana? Perché non sono felice?
Si, lo so: tu mi ami! Lo so: i tuoi occhi, il tuo corpo, la tua bocca…tutto è per me. E io per chi sono? Per lui? Per te? Per voi due che avete invaso la mia vita…ma io vi ho concesso di farlo. Ed ora ogni giorno vi nutrite con me, di me. E ora provo rancore, astio verso di voi!!! Ma non posso dirvelo, almeno a te, che mi porti il caffè ogni mattina non posso dirlo, ma a te che sei così dentro me, che non mi lasci un secondo, a te la verità posso rivelarla. Ti sei insinuato nel mio corpo, nel mio ventre, approfittandoti di pause nella mia incertezza. E hai conquistato tutti; hanno accolto l'idea di te con esclamazioni di gioia incontenibile…e lui ti adora, ti desidera profondamente, è ansioso.
Hai vinto su di me, ti attendono tutti. E io? Sola…ti sento, so che anche tu mi ascolti; ti desidero? Ma io desidero ancora…? Vivo, da tanto tempo questo mi basta e tu ne hai approfittato per posizionarti là, dove avevo dimenticato per un momento le mie emozioni più intime e profonde. E ora tu come un guardiano le conservi e le custodisci, no, forse me le stai rubando…
E adesso cosa vuoi? Ti ho dato il mio corpo, il mio sangue, il mio calore e tu vuoi privarmi per sempre di quei pensieri nascosti là, dove tu dimori. E pensare che tutti intorno a noi invidiano il nostro legame…il nostro amore…Mi ami? Non sai nemmeno chi sono, ti basta utilizzarmi. Ma si, mi sono abituata a questo, non preoccuparti, ormai ti ho accettato, non ti farò mancare nulla: ti nutrirò, ti parlerò anche…dicono che serve a farti diventare più intelligente, ti farò ascoltare la musica. Non ti priverò di niente…non come hai fatto tu con me…le mie emozioni, le mie parole sommerse da te, nascoste. Restituiscimele! Rivoglio i miei sogni e i miei progetti, la mia capacità di creare. Voglio poter possedere il mondo, voglio sognare solo per me, ma sogno di te, il tuo piccolo corpo, il tuo grande futuro, e pian piano mi dissolvo.
Adesso sono qui, mi aggrappo con tenacia alla tazzina del caffè, il mio mondo in questo istante…Grazie tesoro, che pensiero dolce, anche le paste col cioccolato per cui vado pazza. Serenità…
No, non sto male…almeno fisicamente…si, certo, questa è l'apoteosi della felicità: io, te, la nostra unione che si fa carne, il mondo che si colora di rosa. Non mi è mai piaciuto il rosa, è un colore bugiardo, non si vede quasi mai in natura, io amo il rosso, il colore del sangue che non si deve più versare, della lotta che deve ricominciare…della rosa che mi hai regalato quel giorno.
Quanti pensieri, quanti ricordi, brividi sulla pelle. Ho voglia di scrivere, di uscire, prendere la macchina e partire per un viaggio senza meta, regalandomi il sapore del percorso e dell'incontro. Ho voglia dell'imprevisto e dell'ignoto, di sapere quello che già non so. Ho voglia di desiderare ancora.
E ho voi due, qui, che avete voglia di me, che avete bisogno della mia forza e della mia stabilità, vi piace pensarmi come non sono. E io resto soprafatta dalla vostra presenza, dal legame con voi, dalla tenerezza, dal vostro bene, dal vostro attaccamento, dal calore di una colazione a letto, dalla dolcezza del vostro affetto. Avete sommerso le mie parole col ricatto del bisogno e con l'idea di istinti che mi devono essere naturali: ma quello che desidero è una colazione fugace per le vie di una metropoli che attende di essere scoperta. O un dialogo inaspettato con qualche sconosciuto. E ora lo sconosciuto della mia vita sei tu, che mi conosci così nel profondo, che sai i miei segreti, che mi ascolti e taci, e che non puoi fare a meno di me.
Forse non avrebbe dovuto leggere, la signora poteva rientrare da un momento all'altro, e non sarebbe stata contenta di scoprirla a curiosare nell'intimità dei suoi pensieri, ma quelle pagine erano saltate fuori così, all'improvviso, leggère come la polvere che volava dappertutto. Era imbarazzante scoprirla improvvisamente così fragile, appassionata, tormentata, indecisa. Non c'era data su quei fogli ingialliti, probabilmente quando aveva scritto quelle cose aveva più o meno la sua età di adesso, i capelli neri, la pelle liscia, una persona al suo fianco e un bambino nel ventre. E l'unica traccia di tutto questo restava l'esile scrittura impressa in queste pagine. In realtà non sapeva molto della vita di quella donna, nonché sua datrice di lavoro, in genere altezzosa e taciturna. Che dire? Se l'era sempre immaginata così, con i capelli bianchi, un po' di rughe qui e là, tutta presa dal suo lavoro. Era una ginecologa, sempre in giro per conferenze, circondata da grandi luminari della medicina. A casa quasi sempre isolata tra le pagine di un libro o rapita dallo schermo del suo computer. Di rado le rivolgeva la parola, solo per questioni essenziali, poi per il resto tutto le era delegato con estrema fiducia.
Non poteva lamentarsi di quel lavoro, il contratto c'era, non era sottopagata, malattia, ferie, permesso di soggiorno, maternità…
Ecco, aveva capito il perché, anche lei era passata dal dolore secco di quel vuoto, quella ferita che non sa rimarginarsi. Tra di loro non vi era nessuna complicità, si conoscevano da quando lei aveva diciotto anni ed un'amica l'aveva accompagnata nel suo ambulatorio. Soltanto in quei giorni duri la signora dottoressa si era mostrata premurosa, quasi tenera nei suoi confronti. Quella muta comprensione nata dal fatto di condividere qualcosa di così pesante le aveva fatte avvicinare. L'aveva visitata, i tempi legali erano scaduti, non l'urgenza e la necessità, e lei era intervenuta, scaltra e silenziosa. Le aveva spiegato tutto, e poi le aveva detto che forse una cicatrice sarebbe rimasta, le aveva accarezzato dolcemente la fronte…Chi si sarebbe occupato di lei la prima notte? Sdraiata su quel freddo lettino, terrorizzata, aveva spalancato gli occhi di brace, tremante nella risposta.
Perché qualcuno doveva occuparsi di lei la prima notte dopo l'intervento? Nessuno eccetto la sua amica sapeva, non era un fatto interessante e poi la prima notte avrebbe dovuto lavorare di nuovo. No, le aveva risposto l'altra, non puoi tornare a lavoro, se vuoi resterai da me, il mio appartamento è grande e io so occuparmi di te. In effetti le era stata accanto, anche quando si era presentata alla polizia per denunciare il suo "protettore".
La loro non si era trasformata in una storia di grandi sentimenti, avevano condiviso il dolore della perdita, ma non erano diventate sorelle. Il loro rapporto restava segnato dal divario, quello tra l'Occidente e il resto, o i resti del mondo. Lei era semplicemente rimasta là, un lavoro come un altro: adesso era pagata per prendersi cura della vita quotidiana dell'altra. Un conflitto tra mondi che si esprimeva nei rapporti di potere abituali, mentre il conflitto interiore della dottoressa molto probabilmente si era risolto attraverso una serie di scelte e di azioni più o meno consapevoli e autonome che avevano determinato la sua esistenza successiva.
E lei, quali risposte concrete aveva dato ai conflitti che avevano permeato la sua vita? Anche lei aveva dovuto scegliere, non tra la carriera e la famiglia, aveva scelto di resistere all'oppressione quotidiana, con tenacia e determinazione, aveva scelto di guardare in faccia la sofferenza e di sfidarla…In quell'istante si scoprì a sorridere: poteva essere orgogliosa, aveva scelto con coraggio e forza di ricostruirsi una vita! Davanti a lei c'erano ancora tante strade da percorrere e magari un giorno avrebbe incontrato una giovane donna da sorreggere in un momento di inquietudini e domande, proprio come l'altra aveva fatto con lei.
  potere


volere
osare