Le donne in Albania tra opportunità ed ostacoli


Diana Çiuli

Per parlare delle donne in Albania, della loro vita, delle loro speranze, dei loro sforzi, non è compito che si possa portare a termine in un solo articolo; l'Albania rimane ancora per certi versi "la sconosciuta del Mediterraneo" come mi sento di definirla quando mi trovo davanti alle infinite domande degli stranieri.
L'Albania non ha gentilmente bussato alle porte d'Europa, dove sapeva di far parte per più di duemila anni, li ha spalancate in modo traumatico, spettacolare, tragico.
Le navi rubate nel Mediterraneo, cercando smarrite isole dei sogni, come Ulisse, il loro antico antenato. Questa è la parte in fiamme dell'Albania. L'altra parte, rocciosa, dura, con i fiori sulla cenere, rimane lì, nella sponda Est dell'Adriatico.
Per parlare delle donne di questo paese, devo per forza descrivere il contesto storico, sociale e politico dove sono vissute e vivono.
L'Albania si trova nei Balcani, la terra degli iliri e degli albani. Qui passavano le armate dei romani e le crociate che andavano verso Est, attraverso la famosa via Equatia; tramite questa terra i popoli del Nord facevano rotta verso i paesi del Sud. Un nodo strategico geograficamente, dove si sono mescolate le culture iliriche-pelasgiche, greche e romane, bizantine e orientali. Più che in qualsiasi paese balcanico qui si sono incrociate religioni diverse, solo qui le donne libere europee sono state obbligate a coprire il volto.
Il popolo albanese, dopo una disperata resistenza di venticinque anni si è trovato, all'indomani dell'occupazione turco-islamica, in un universo spirituale ed ideologico estremamente diverso dal suo.
In tutte le leggende, nella mitologia e nella poesia popolare albanese - che sono straordinarie per la varietà di espressioni artistiche - si sente la forte sensazione di fatalità, del passaggio dal `normale' all''anormalità', dalla vita alla morte.
La donna albanese ha subito per secoli questa fatalità di essere stata condannata alla discriminazione più assoluta e nello stesso tempo adorata idolatrata nei versi di splendide leggende. Come se l'uomo stesso soffrisse di questa legge crudele che l'obbligava ad opprimere la bella creatura che amava.
Come tutte le donne del Mediterraneo, le albanesi hanno portato sulle spalle il peso della vita. Hanno lavorato la terra, cresciuto i figli, hanno rafforzato le tradizioni, la cultura, il processo di civilizzazione, mentre l'uomo emigrava. Le donne hanno trasmesso ai figli il codice della vita, poiché loro si sentono più vicine alla vita e alla morte.
Se la donna albanese non ha potuto partecipare alla vita sociale, ha sempre lottato per la libertà del suo paese, l'unico atto liberatorio che gli era concesso. Nella lotta antifascista durante la Seconda Guerra Mondiale, 6.000 donne fecero parte dell'esercito dei partigiani, in una popolazione in quel tempo solo di un milione di abitanti. Il regime comunista diede per questo come premio alle donne l'uguaglianza totale con gli uomini: il diritto al voto, gli stessi salari, etc. Ma l'uguaglianza non è soltanto un atto legale, si realizza con una trasformazione economica, sociale, culturale e psicologica; sotto ex regime questo processo andò avanti verso un processo sociale che nessuno ha potuto più fermare. Le donne sono entrate gradualmente nella vita economica del paese diventando una forza principale nella produzione nelle città e nelle zone rurali. In quel periodo fu fissata l'istruzione obbligatoria per tutti per otto anni.
Dopo alcuni anni si notò subito l'innalzamento del livello educativo delle donne che sfruttarono immediatamente le opportunità offerte dalla maggiore conoscenza.
Questi cambiamenti furono alla base delle battaglie contro il patriarcato e le tradizioni di schiavitù.
Le donne subivano una duplice oppressione: dentro e fuori casa. In famiglia vivevano anche senza il minimo indispensabile. All'esterno non avevano la possibilità di esprimersi liberamente per la mancanza di diritti umani. La partecipazione della donna nella vita sociale era nello stesso tempo una conferma del suo valore ma anche della lotta per prendere questa posizione.
Come in tutti i paesi ex socialisti, durante il periodo di transizione, anche in Albania si è osservato l'abbassamento delle quote percentuali di donne presenti negli apparati statali ma più in generale a tutti i livelli.
Se facciamo riferimento alla partecipazione delle donne nella vita politica in Albania prima degli anni '90, la percentuale della rappresentanza femminile era molto alta, più del 30%; dopo le elezioni del '91 le donne presenti in Parlamento sono diventate 8 su 140 deputati, la percentuale è quindi scesa al 5.7 %. Attualmente, in Albania c'è una donna al governo, nessuna prefetto o sindaca; nel sistema giudiziario 21% sono donne, 28% nel sistema universitario (docenti), 8% responsabili di Dipartimento nei Ministeri, 35% negli uffici di assistenza sociale, etc.
Le donne operaie coprivano, prima, l'80% dell'industria leggera e del sistema d'istruzione. Oggi, dopo la privatizzazione e la chiusura delle fabbriche, queste donne sono disoccupate. Nelle zone rurali le donne lavorano la terra, che è stata divisa in piccolissimi appezzamenti, senza il supporto di strumenti meccanizzati e più con il peso sulle spalle della casa, dei figli.
Sembrava questa, fino a due/tre anni fa, una situazione senza via d'uscita. Gli uomini hanno cominciato ad andar via, ad emigrare in altri paesi, qualcuno ha avviato attività commerciali. Le donne a casa. Ma lo spirito battagliero delle donne albanesi non ha tardato a dare segni di resistenza alla disperazione: sono nati i primi gruppi indipendenti di donne, il Forum Indipendente delle Donne Albanesi è uno dei più grandi e più attivi in Albania; i primi gruppi politici di donne dentro ai partiti; i primi sforzi per cercare di essere determinanti nel varo di nuove leggi; i primi passi per fare progetti ed entrare nella cooperazione europea; le prime pubblicazioni.
Una via sconosciuta, estremamente diversa da quella degli anni 50. La legislazione di quel periodo era stata importante, ma non una vera conquista delle donne, era stato quasi un regalo, le donne non avevano cambattuto per ottenerla.
Adesso le donne dovevano capire da sé come andare avanti: indicare le questioni cruciali, organizzarsi, costruire relazioni con il mondo, lavorare su cose concrete, fare progetti, cercare posti di lavoro per le donne. Cominciare, insomma, una nuova lotta femminile, diversa dalla battaglia condotta con i comunisti, diversa dalla strada percorsa dalle donne occidentali, individuare un nostro itinerario. Nei contatti che abbiamo con le donne di altri paesi, l'esperienza che facciamo è quella dello scambio: non solo noi prendiamo da loro ma anche loro prendono da noi.
Il femminismo europeo e statunitense, l'emancipazione delle donne dell'Est sono realtà che si stanno avvicinando a fatica, ma lo SCAMBIO è già iniziato. Mondi diversi con lo stesso scopo: essere donne, essere libere.




foto di Caterina Giraldi

foto di Caterina Giraldi

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Mailto Med Indice del numero 2