prefazione
di
Nadia Gambilongo
Ho curato
ladattamento alledizione italiana di questo interessante
libro in un momento molto particolare ed intenso della mia vita. Era
nata mia figlia, dopo qualche anno di trepidante e dubbiosa attesa.
Lucia Chiavola Birnbaum mi inviò la sua dark mother quando Gaia
aveva solo tre mesi.
Una concomitanza, questultima, accompagnata da numerose coincidenze,
che si sono ripetute per tutto il lungo periodo di traduzione e revisione
dellopera, durato quasi due anni.
Si è trattato di un lavoro estremamente delicato ed impegnativo
sia per lo spazio-tempo preso in esame nel libro, sia per lapproccio
interdisciplinare, multiculturale ed assolutamente poliedrico di Lucia.
Inoltre, un ulteriore elemento di difficoltà era rappresentato
dalla scarsa concentrazione nel lavoro di revisione, dovuta alla presenza
piuttosto significativa di mia figlia. Per questa serie di motivi, sono
ripetutamente ritornata indietro sui miei passi, rivedendo più
volte il lavoro già fatto, apparentemente concluso. Questo avanzare
lento ed incerto, questo continuo indietreggiare e rivedere la traduzione,
somigliava alla danza a spirale delle processioni descritte da Lucia
nel libro. Un passo avanti e due indietro, avanzare piano per poi ritornare
a scrivere, cancellare, riscrivere.
Una sorta di lavoro di decostruzione della traduzione, di reinvenzione
del processo di scrittura, del lavoro di Lucia ed insieme della mia
vita.
La parola madre risuonava dentro di me con una tale forza da coinvolgere
i sensi ed i muscoli del mio corpo; mentre allattavo mia figlia, mi
sono sentita grande madre, ma anche piccola, piccolissima madre quando
ero distratta, non ero lì in quel preciso momento, corpo e mente,
a giocare con lei a prendermene cura.
La mancanza di concentrazione è stata, sicuramente, penalizzante
per laccuratezza della traduzione, ma il contesto così
particolare ha favorito una sorta di espansione, che in un certo senso
ha bilanciato gli errori, regalando improvvise ed estemporanee intuizioni.
Nella mia casa di Rende è stato un germogliare di vita, un proliferare
di lavoro e di pensieri; il tempo di cura e di gioco con Gaia, intervallato
dai suoi provvidenziali sonnellini, si è mescolato al lavoro
fisico, casalingo ed a quello mentale di revisione ed adattamento della
traduzione di Emilia Corea. E come se in quel luogo, in quel particolare
momento, fosse avvenuto una sorta di riequilibrio tra fare e pensare,
teorie e pratiche, e la modalità con cui ciò è
accaduto ha, in qualche modo, contribuito a riconciliare la dicotomia
mente/corpo, generando una nuova armonia, non senza attraversare terribili
conflitti e lacerazioni.
Tinte forti hanno caratterizzato questo periodo non ancora concluso
della mia vita.
Il rosso della passione, della conoscenza, dellamore; il nero
dellinchiostro, delle notti insonni, dellincomprensione;
il giallo del sole dietro i vetri, del terrazzo assolato, del dubbio
di non farcela ad essere una brava mamma, a riscrivere correttamente
il testo, la paura di non farcela
per la fatica. Poi, il bianco
dei fogli ancora immacolati, del vuoto della mancanza di contatti, delle
reti di relazione interrotte; e, ancora, il rosa acceso delle gote di
mia figlia.
Gaia era lì, finalmente era arrivata ed ero felice ed al tempo
stesso avvilita. Come era possibile? Ero traboccante di nuove energie
e stanchissima, di una stanchezza millenaria. Volevo essere la mamma
migliore del mondo e veramente ci mettevo (ci metto tutta me stessa),
ero felice, entusiasta
eppure stanca, stanca, un po malata,
un po addolorata. Ho letto che accade a molte madri, ho letto,
ma non mi è capitato di confrontarmi con loro in quei mesi.
Con tutte le reti di relazione internazionali tra donne che da anni
andavo tessendo, in quel periodo così importante della mia vita
e di mia figlia, ero sola. Incapace di organizzare incontri, avrei voluto
che gli altri, le altre lo facessero per me, ma non è andata
così. La felicità e la spensieratezza, che Gaia mi donava
ogni giorno, erano come avvelenate, rattristate dalla solitudine che
circondava il nostro amore; i miei amici erano lontani, sparsi per il
mondo, non potevo prendere un treno, un aereo per andarli a trovare.
La mia famiglia aveva deciso, forse, di mettermi alla prova abbandonandomi
nel momento del bisogno. Vediamo, adesso, come se la cava!
devono essersi detti; o, forse, più semplicemente, erano in tuttaltre
faccende affaccendati.
In quei giorni dinverno, chiusa tra le quattro mura una bufera
di sentimenti mi ha resa inquieta, mi sono sentita triste, felice ed
appagata, sola. La bellezza dei sorrisi di Gaia erano solo per me, mentre
avrei voluto mostrarli al mondo. A quante donne è accaduto, a
quante donne accade ancora?
La maternità, la nascita nella nostra società capitalistica
avanzata è spesso vissuta dalle donne, che non hanno
il necessario sostegno familiare e relazionale, con grande disagio,
solitudine, inadeguatezza, che possono diventare motivo di esclusione,
conflitto, se non addirittura violenza come, spesso, la cronaca ci riporta.
La maternità nella nostra società, di fatto, cambia lo
status delle donne, rinviandole ad un gradino più basso
della scala sociale. Dovrebbe accadere esattamente il contrario, ma
nel nostro mondo impazzito anche le regole più naturali sono
sovvertite. Fino a qualche mese prima che mia figlia nascesse, mi confrontavo
con il mondo della politica internazionale delle donne, qualche mese
dopo la sua nascita mi ritrovavo in una sorta di arresti domiciliari,
in un quartiere dormitorio di una qualsiasi città occidentale.
Il mondo esterno, così importante per me, mi si era allimprovviso
ristretto. Non lo avevo proprio previsto. Allo stesso tempo, parallelamente,
tutto un mondo interiore quasi sconosciuto mi si stava aprendo. Il conflitto
con mia madre, assolutamente sopito da anni, era riesploso. Una parte
di me doveva essere ritornata bambina; confesso che la cosa mi ha non
poco impressionata, poi, ho letto che accade anche questo e mi sono
tranquillizzata.
La grande madre nera era lì ad aspettarmi, a sorreggermi. Il
libro sulla scrivania insieme alle immagini ed ai documenti raccolti
in questi anni, tutti i pomeriggi, pazienti mi aspettavano e mi accoglievano
mentre Gaia riposava. Era una sorta di appuntamento fisso, appassionato
e furtivo. In silenzio battevo piano i tasti della tastiera del computer,
per non svegliarla, riponevo con delicatezza sugli scaffali le centinaia
di volumi consultati per la verifica dei termini.
La grande madre mi ha consolata, entusiasmata, sostenuta ma
negli
ultimi mesi di lavoro, devo dire, mi ha letteralmente sfinita. Ho vissuto
in una sorta di spirale di energia dove mia figlia e la grande madre
erano, al tempo stesso, forze centrifughe e centripete, una sorta di
grande ebbrezza creativa ed amorosa che ha comportato un certo strapazzo.
Ancora oggi è difficile mettere un punto a questo lungo ed intenso
periodo, la tentazione di rileggere ancora una volta e riscrivere qua
e là qualche frase è fortissima, è difficile interrompere
la danza a spirale e decidere di saltare su un altro vortice, magari
più lento con un andamento più lieve. Ma avverto, già,
sul viso larrivo di una nuova brezza, intravedo la spirale di
una piccola e rassicurante conchiglia adagiata sulla spiaggia, sento
che il mare è vicino. Nuove terre richiamano la mia attenzione,
e sento che finalmente è arrivato il momento di dare alle stampe
il libro di Lucia per donarlo alle donne ed agli uomini che sognano
un mondo migliore.
Oggi, mia figlia ha due anni ed è assolutamente Gaia,
giocosa, spiritosa, ironica
determinata, al mattino mi saluta
sorridente e si avvia con suo padre allasilo.
Mi sembra, ora, di camminare con lei su una grande distesa pianeggiante
con la consapevolezza di esserci arrivate dopo una lunga e faticosa
salita. Il suo viso è radioso e sembra non avere tracce di questa
fatica, il mio ha segni evidenti, ma non avverto più alcuna stanchezza
ed è forte il desiderio di riprendere a tessere reti.
Mi è sembrato giusto dare conto del contesto in cui la traduzione
e ladattamento dellopera di Lucia è avvenuto, la
coincidenza di tempi e di lavoro è stata per me significativa
e rivelatoria. Il valore simbolico e pratico di questo libro per le
nostre vite e per il pianeta su cui viviamo è enorme, non può
esserci alcuna scissione tra personale e politico, tra teorie e pratiche.
La nostra posizione di oggi è data da tutti i luoghi dove siamo
stati, abbiamo abitato e vissuto.
In ogni rigo, in ogni pagina del libro di Lucia possiamo trovare questo
motto.
Dedico questo lavoro a mia figlia Gaia ed a tutte le bambine ed i bambini
del mondo, affinché possano utilizzarlo come uno strumento importante
per realizzare la civiltà della grande madre, i suoi valori di
speranza e trasformazione, pace e rigenerazione, accoglienza e compassione.
Il mondo non aspetta altro per poter prendere fiato e respirare, riposare
e rigenerarsi, per ricicatrizzare le ferite causate da millenni di guerra,
conflitti, ingiustizie e sopraffazioni.
La scelta operata dalla casa editrice MEDiterranea MEDIA di tradurre
questo libro e di adattarlo alla lingua italiana rientra nel progetto
culturale di creare una nuova collana che si propone di tradurre e diffondere
opere di rilevanza internazionale tese alla costruzione di una nuova
consapevolezza. Una scelta che un tempo sarebbe stata definita militante,
con termine un po guerresco che non rispecchia la valenza pacifista
del progetto politico.
Il viaggio intrapreso da Lucia è un viaggio difficile, che prevede
percorsi irti di ostacoli e sentieri perigliosi alla ricerca delle proprie
origini e del mondo. Lunghe ed estenuanti sono le tappe effettuate per
scavare dentro di sé e nei testi ufficiali, numerosissime le
indagini e le letture approfondite dei nuovi testi, particolari gli
incontri con testimoni privilegiate-i, svariate le ricerche di tracce
e segni del passato, ma la fascinazione è assicurata, si tratta
di un lavoro appassionante che ci prende per non mollarci più,
cambiando irreversibilmente le nostre vite. E la via della bellezza
che la madre o-scura, infine, ci indica e che Lucia ci consiglia vivamente.
Ho deciso di tradurre il titolo del libro di Lucia dark mother
in la madre o-scura, poiché penso che in questo modo
rimanga inalterato il significato che rinvia al colore nero, al mistero
ed allantichità della nostra remota madre.
Ringrazio
Emila Corea che ha curato la traduzione letterale del libro, Maria Grazia
Terranova che ha corretto le bozze, Nunzio Landri che mi ha aiutata
ad impaginare ed a cercare le immagini originali del libro, Rino Garro
che con la sua lettura critica mi ha sostenuta nei momenti di incertezza.
Desidero ringraziare, inoltre, Maria Francesca Corigliano e Donatella
Laudadio, donne di governo di questo territorio cosentino, che riescono
con il loro impegno a coniugare scelte pratiche e poesia.