COMITATO SE NON ORA QUANDO COSENZA
PROGRAMMA 8 MARZO
  H 10,30 VIA POPILIA II CIRCOSCRIZIONE SPAZIO SOLIDALE VIA G. ARMELLINO
-SUONI E PAROLE PER LE DONNE. LETTURE E MUSICA DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE COESSENZA, A CURA CENTRO ROBERTA LANZINO, E ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO DIAMOCI LA MANO

 
COMITATO SE NON ORA QUANDO COSENZA

ASSOCIAZIONE ANGELINA
ASSOCIAZIONE CULTURALE COESSENZA
ASSOCIAZIONE DIAMOCI LA MANO
ASSOCIAZIONE DI NUOVO
ASSOCIAZIONE EMILY
ASSOCIAZIONE FATA MORGANA
ASSOCIAZIONE LE SEI SORELLE
ASSOCIAZIONE MEDITERRANEA MEDIA
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ASSISTENTI SOCIALI CALABRIA
ASSOCIAZIONE ZAHIR
CENTRO CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE "ROBERTA LANZINO"
CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO
CENTRO ITALIANO FEMMINILE PROVINCIALE E RADIO 180
CHIAPPETTA ADRIANA
CONFAGRICOLTURA DONNA
COMITATO PARI OPPORTUNITA' COMUNE COSENZA
COMITATO PARI OPPORTUNITA' ASP COSENZA
COMITATO PARI OPPORTUNITA' COMUNE AIELLO CALABRO
COMITATO PARI OPPORTUNITA' ORDINE AVVOCATI COSENZA
COMPAGNIA DEL SORRISO, MAMME ALLA RIBALTA
COOPERATIVA INTERZONA
COPERATIVA DELLE DONNE
COORDINAMENTO DONNE CGIL
COMITATO PRO ACQUA PUBBLICA
DIREZIONE DIDATTICA NILDE IOTTI COSENZA
DONNE EUROPEE FEDERCASALINGHE
FABBRICA DELLE DONNE PER LA RIVOLUZIONE GENTILE DI COSENZA
FABBRICHE DI NICHI RENDE
FIDAPA COSENZA E RENDE
ORCHESTRA FIATI DELIANUOVA
SICILIA ROSA
SICILIA LUCIANA
TEATRO RENDANO
TEATRO DELL'ACQUARIO

H 15-20 SIT IN PIAZZA XI SETTEMBRE
-"SE NON ORA QUANDO, VIENI CON NOI. COSTRUIAMO IL FUTURO!"
LAVORO - INFORMAZIONE: PENSIERI SCRITTI E PARLATI IN PIAZZA. RIPRENDIAMOCI IL SENSO DELL'8 MARZO.
A CURA COORDINAMENTO DONNE CGIL E ASSOCIAZIONE EMILY
H 16-18,30, PALAZZO ARNONE, VIA GIAN VINCENZO GRAVINA
-PERCORSO GUIDATO SULL'ARTE, UN VIAGGIO AL FEMMINILE NELLA GALLERIA NAZIONALE DI COSENZA A CURA DI FABIO DE CHIRICO, SOPRINTENDENTE BSAE. READING DI LETTURE CREATIVE E DI RIFLESSIONI SUI DIRITTI NEGATI, A CURA ASSOCIAZIONE ANGELINA. INSTALLAZIONI VIDEO FOTOGRAFICHE DALL'ANTIGONE AL
QUARTIERE DI SANTA LUCIA, LE DONNE NEL TEMPO, A CURA DELL'ASSOCIAZIONE LE SEI SORELLE
 
H 18,30-20,00 FOYER TEATRO RENDANO, P/ZZA XV MARZO,
-IL RISORGIMENTO DELLE DONNE: 13 FEBBRAIO 2011 A COSENZA" MOSTRA DI MATERIALI E FOTOGRAFIE , A CURA DELLA FABBRICA DELLE DONNE PER LA RIVOLUZIONE GENTILE DI COSENZA ". VIDEOPROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO DI LORELLA ZANARDO "IL CORPO DELLE DONNE" A CURA DELL'ASSOCIAZIONE MEDITERRANEAN MEDIA.
Il Comitato SE NON ORA QUANDO? cosentino, al quesito posto a livello nazionale dalle manifestazioni del 13 febbraio, svoltesi in circa 200 città d'Italia, compresa Cosenza, risponde con un ADESSO più che mai convinto , con un programma ricco di iniziative e di appuntamenti che avranno inizio l'otto marzo alle 10.30 in Via popilia, in un quartiere periferico della città, per poi spostarsi al centro in Piazza XI settembre con un sit-in a partire dalle 15.00, per proseguire nel quartiere storico della città a Palazzo Arnone con uno sguardo femminile sull'arte, per terminare al Ridotto del Teatro con una Mostra Fotografica su il "Risorgimento delle donne" a cura della Fabbrica delle Donne e la videoproizione del documentario "Il corpo delle donne" di Lorella Zanardo Rendano a cura di MEDiterranean MEDIA. L'intensa giornata si concluderà al Rendano alle 20.00 con uno spettacolo teatrale a cura della Compagnia del sorriso, Mamme alla ribalta e la direzione didattica "Nilde Iotti".
H 20,30 TEATRO RENDANO P/ZZA XV MARZO
-RAPRESENTAZIONE TEATRALE "NOBILI E POVAROMI", COMPAGNIA DEL SORRISO, MAMME ALLA RIBALTA A CURA DIREZIONE DIDATTICA "NILDE IOTTI".

 

 

 

 

   
MANIFESTAZIONE
A ROMA
 
SE NON ORA
QUANDO?
 
 

 

 

Il 13 febbraio 2011 le donne, insieme a molti dei loro compagni, hanno invaso le piazze d'Italia, e anche se i tg hanno tralasciato di comunicare la notizia, circa 200 città sono state letteralmente ricoperte da manifesti, striscioni, volantini. Le urla festanti ed indignate delle partecipanti hanno riecheggiato nei vicoli e nelle strade.
Un milione di persone nelle piazze a manifestare il loro sdegno nei confronti di un governo indegno del paese. I loro corpi, le loro facce hanno reso palese una realtà che non è rappresentata nei principali media, in parlamento.
Le donne non ci stanno a far calpestare i loro diritti, la loro dignità.
Le parole d'ordine sono state rispetto, dignità nei confronti delle donne e dei loro corpi e nei confronti del paese. Si tratta, infatti, di una linea continua: se non c'è rispetto per le donne non c'è democrazia. Se non si rispettano le donne non c'è rispetto per il paese.
Molti uomini lo hanno compreso ed erano presenti, molti si avviano ad approfondire "la questione maschile" … era ora!
Le manifestazioni tutte insieme hanno rappresentato un importante passaggio che prelude al cambiamento, ma il percorso andrà definito nei prossimi giorni:
sui diritti delle donne non si torna indietro.

 

 
   

 
Lorella Zanardo: "Il corpo delle donne"
 
Roma, Ponte Cavour

 

 

 

   
  Intervento di Angela Finocchiaro
a Piazza del Popolo
 
  Intervento di Susanna Camusso
a Piazza del Popolo
 

 

 

 

V o l a n t i n i   d i s t r i b u i t i   i n   P i a z z a   d e l   P o p o l o       V o l a n t i n i   d i s t r i b u i t i   i n   P i a z z a   d e l   P o p o l o

 
   
 
 
 
Da REPUBBLICA "Se non ora quando?"
Leonardo Viola
 

 

 

 

 
 
Roma, Piazza del Popolo
 

 

 

 

   
Roma, Quartiere Monti
 
Roma, il palco a Piazza del Popolo

 

 

 

   

55° Conferenza
di New York

 
Bozza presentata dalla Commissione sulla Condizione delle Donne
11 febbraio 2011
 
Roma, manifestanti sulla
fontana di Nettuno
 

 

 

 

 

Otto marzo e dintorni

Lo scorso 23 febbraio ci siamo incontrate al comune di Cosenza per fare il punto sul dopo manifestazioni del 13 febbraio “Se non ora quando?”. Riunioni di donne, in questi giorni, si stanno tenendo un po’ dappertutto in Italia, segnalando l’apertura di una nuova stagione di confronto tra le donne e non solo. Erano tanti gli uomini presenti nelle manifestazioni del 13 febbraio e anche se non tutti si interrogano sulla “questione maschile” molti hanno avviato questo percorso di confronto tra i generi.
A New York in questi giorni si sta tenendo la 55esima sessione del CSW (Commissione sullo stato della Donna) del comitato economico e sociale delle Nazioni Unite. I lavori della commissione termineranno il 4 marzo ma alcune considerazioni possiamo farle già da ora.
Ho partecipato ai lavori preparatori della commissione a Roma e a distanza di 16 anni dalla Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino e dalla approvazione della Piattaforma d’azione, possiamo purtroppo affermare che siamo molto lontani dall’applicazione dei suoi principi in molti paesi del mondo. In Italia, in questi ultimi anni, abbiamo assistito ad un forte arretramento sul fronte dell’empowerment delle donne (parola d’ordine fondamentale) della piattaforma di Pechino. La presenza delle donne nelle istituzioni si è ulteriormente assottigliata, mentre la disoccupazione femminile è aumentata e i principali media propongono un’immagine della donna senza dignità.
Cosa fare, quindi, per frenare questa tendenza apparentemente inesorabile, per cui vengono affermati principi alti ma sul piano operativo non vengono applicati o rimangono prevalentemente disattesi?

 
  Foto di Rossella Marasco
Credo personalmente che nell’attuale situazione si debba partire da una sorta di A, B, C, per frenare ed ostacolare questo arretramento. E’ necessario presidiare e monitorare gli strumenti legislativi di cui in questi anni ci siamo faticosamente dotate per forzare e vigilare sulla loro completa applicazione.
Sappiamo bene che i saperi delle donne hanno raggiunto livelli altissimi, i centri di ricerca autonomi delle donne e i Women’s Studies nelle Università hanno raggiunto livelli d’eccellenza, ma tutto questo come ha cambiato le nostre vite e soprattutto quelle delle ragazze?
Purtroppo, abbiamo risposte desolanti a questo quesito.
Per questo motivo propongo una sorta di A, B, C e forse aggiungerei anche D, da cui partire insieme:
- proporre la redazione di bilanci partecipati e di genere a tutte amministrazioni pubbliche e alle istituzioni sensibili, (le prossime elezioni amministrative rappresentano un primo terreno di confronto su questo tema);
- Fare il punto sul lavoro svolto dalle Commissioni sulle Pari Opportunità presenti in moltissime istituzione e verificare l’efficacia dei loro strumenti;
- Progettare moduli specifici per le scuole affinché le bambine ed i bambini abbiano occasione di riflettere sulla loro differenza di genere in maniera non stereotipata;
- Creare un osservatorio specifico sul mercato del lavoro femminile in collaborazione con organizzazioni sindacali ed associazioni femminili, poiché c’è il rischio che le ragazze vivano condizioni sul lavoro assai più discriminanti delle nostre.

Credo che sia importante in questo particolare momento trovare su questi pochi punti, o magari altri più rilevanti che definiremo insieme (ad esempio Lidia Menapace suggerisce al primo punto l'auto determinazione), un accordo tra donne diverse per biografia e per percorso, per rilanciare insieme programmi comuni sulle politiche di genere non solo per l’affermazione di nuovi diritti, ma soprattutto per la loro applicazione, implementazione e verifica dei risultati ottenuti.
E’ tempo di concretezza, di mettere a punto e praticare le raffinate teorie che in questi anni abbiamo faticosamente elaborato, con l’augurio che nel percorso troveremo tante e tanti nuovi compagni di strada.

Nadia Gambilongo
Associazione MEDiterranean MEDIA

 

 

 
Da REPUBBLICA "Se non ora quando?"
 

 

 

Da REPUBBLICA "Se non ora quando?"
Antonio Desideri
 
 



Essere Madre, essere Figlia: ancora invisibili fuori dalla famiglia

Le famiglie sempre più pesanti e sconosciute alla narrazione ufficiale, eppure sono quelle che scandiscono il passare del tempo per ognuna di noi.
La famiglia nelle politiche di governo, e quindi ufficialmente, sia per composizione e sia dal punto di vista del ruolo che le viene attribuito è sempre di più un'icona retorica.
Tutto quanto viene pensato e programmato, in grande percentuale, "sbaglia il bersaglio", questo al di là della bontà o meno dei provvedimenti.
Il fatto saliente che è al centro della discussione che abbiamo inteso aprire è che il modello emergente dei nuclei familiari, madre-bambini-anziani, resta fuori dalla gestione delle risorse pubbliche, quasi una forma di clandestinità culturale e sociale.
Indipendentemente, comunque, dalla composizione della "famiglia" quello che la fa individuare come tale è una donna, madre o moglie, figlia o sorella. Quel termine "famiglia" nasconde le donne, e le nomina solo in base a ruoli rispondenti ad una gerarchia. Insomma le donne sono il soggetto imprescindibile di un nucleo, ma quel nucleo stesso le rende automaticamente invisibili, perché riconoscibili solo attraverso il ruolo, sottoposto ad altre autorità, attribuito loro anche per legge: con obblighi e adempimenti previsti per legge. Leggi che prevedono anche i contorni dell'espressione di quel ruolo, con relativi risvolti di natura penale e civile. Alcuni di questi risvolti sono caduti, e nuovi se ne aggiungono: ad esempio con la nuova legge sull'affido condiviso.
Ci siamo chieste come, al tempo della crisi, da donne possiamo rintracciare il filo della comunanza nel naturale conflitto tra il personale essere donna e l'essere figlia, madre, convivente o moglie.
Eravamo una trentina e ci siamo incontrate nel quartiere di Soccavo-Pianura, uno di quelli che hanno messo insieme, burocraticamente, realtà diverse: un paese con una sua identità storica (Soccavo) "assemblato" a un rione completamente abusivo nato ai tempi del mattone selvaggio. Risultato della politica "gestita dagli uomini" è un complesso intreccio di problemi che riassumono la mancanza di servizi, una socialità inquinata, un tasso di abbandono istituzionale "record". Ma qui, e le donne presenti, per metà, lo rappresentano, e c'è anche la storia di un loro "rimboccarsi e maniche" per correggere attraverso la solidarietà e l'attivismo politico, le carenze storiche della politica degli uomini.
Partire dai dati, dice Rosaria Esposito, si deve ( e la sua relazione si svolge dando i numeri della povertà "nuova" e delle vecchie assenze politiche) ma anche da questa storia, che è fatta di volontà femminili (c'è anche la cooperativa sociale Xenia).
Cosa significa, al tempo della crisi, parlare da donne, di storie personali-politiche, se non svelare che quella "famiglia che sostituisce il Welfare" è in realtà un complesso di gesti responsabili, di un lavoro, coatto eppure scelto, di donne.
Non se ne viene a capo se non si svela l'imbroglio del nominare la famiglia in modo ossessivo, per non nominare le donne e il diritto.
Si apre la discussione intorno alle 17.
- Ho 56 anni e una militanza da cattolica. Ho sempre messo prima la famiglia e poi il mio impegno. Sono madre di quattro figli, di cui uno adottivo: qui ho capito che vita e politica sono la stessa cosa! Il diritto di mio figlio non è legato a quello del sangue, ma alla mia determinazione di essergli madre.
- Ho 54 anni, faccio l'investigatrice privata, un matrimonio finito alle spalle, davanti il mio rapporto coi figli e il mio lavoro. A 8 anni scrissi nel tema che mi aveva dato la maestra ch non mi piaceva vivere in uno stato che non mi permetteva di "fare i lavori degli uomini". Feci scandalo, mio padre venne a scuola e fu orgoglioso di me. Nonostante questo ho capito che per le donne "era dura", ed è ancora dura. Continuo a vivere normalmente il mio uscire alle 5 del mattino "in luoghi pericolosi", continuo ad amare il mio mestiere… e ad essere madre. Continuo a sentirmi anomala.
- Sono assessora del quartiere alle pari opportunità, che traccia ho lasciato? Che traccia lascerò? Le ragazze non capiscono quello che faccio, eppure sento di dover dire ancora qualcosa, di dover convincere che la militanza "non è roba da parruccone". La maternità politica sembra non funzionare. Almeno quella che offro io.
Si accavallano un po' gli interventi, le provocatrici avrebbero molto da dire, ma non vogliono, farla da padrone, come sempre succede quando c'è una "che sa parlare". Rosaria, Liliana io fremiamo perché, straordinariamente, verifichiamo che non tanto era giusto raccogliere ed affrontare il tema della famiglia, ma soprattutto parlare tra noi della nostra vita "sotto" le immagini di cui si nutrono i poteri. Il femminismo che ha già intuito tutto, ha forse chiuso il sapere in uno specialismo che allontana le sue giuste intuizioni dall'emotività di "quelle figlie" sconosciute. Le figlie che sono lì e per ora non parlano
E poi ci siamo noi, come un insieme, con le nostre esperienze dove siamo figlie/madri e non smettiamo mai di esserlo, portando un peso di doveri e pochi diritti.
Nella parola "fallimento" (sociale o personale?) spunta una delusione ed un'attesa. Quella delle figlie che sono lì e non possono, lo capiamo finalmente, essere aggredite con "tu che ne pensi?" o peggio con un "ma non hai niente da dire?", ma sono venute, anche se, sembra, per tacere. Una scrive molto: è una free-lance di 24 anni che forse ci darà il suo resoconto della serata.
Insomma c'è anche questo: madri e figlie con un'eredità politica senza rivendicazioni apparenti.
Allora una provocazione, arriva in tempo
- Abbiamo, ai nostri tempi rivendicato la signoria sul nostro corpo. Perché allora moralizziamo l'abbigliamento e le scelte sessuali "delle giovani"? - Spuntano i primi sorrisi, anche di qualche veterana. E naturalmente qualche mugugno
- Ma vendersi per una scheda telefonica, o per "la sistemazione": non è questo che alla fine è diventato il costume nazionale?
- Sono due cose diverse, sono gli uomini a farci confondere la libertà con il loro comprare sesso. E poi c'è ancora molto: mantenere una moralità "ufficiale" sui costumi sessuali fa gioco a chi trasforma la famiglia in una prigione e nel luogo privilegiato delle violenze. Ti devono chiudere ogni altra "legittimazione" ad esistere.
- Io, sono "una giovane" faccio la psicologa, (volontaria, ovvero senza stipendio N.d.R.) e girando per le scuole vedo che ruolo gioca l'obbligo sociale, quello nuovo e quello atavico, il paradigma è sempre la famiglia: sia se devi "fuggire da" sia se vuoi raggiungere uno status. Dai 14 anni, e magari se rimani incinta ( ma l'educazione sessuale è ormai un lusso ed i rapporti tra consultori e scuola sono ormai più che ridotti, come sono ridotte le prestazioni e il ruolo del Consultori stessi) cominciano le imposizioni di ruoli e magari si viene spinte o ad abortire o ad avere un figlio, senza farlo per se stesse. A seconda dei contesti: si fa un figlio perché "la famiglia" è antiabortista, non lo si fa perché non ci si può sposare! E lo stesso matrimonio, ancora, è la pietra tombale che chiude ogni aspirazione pur restando il codice d'accesso alla comunità. Ancora invisibili fuori dalla famiglia, sembra essere il tutolo del romanzo di molte donne, magari giovani donne.
Segue un momento di dialoghi intrecciati su costumi e scostumatezze! E si riprende parola
- voglio raccontare la mia storia verso la libertà: ho 75 anni e , figlia di un militare, in tempo di guerra ho cominciato a pretendere di prendere le mie decisioni, sulla mia vita, sul mio futuro. Non prendere la laurea, pensare subito al lavoro come indipendenza è stato per me la prima affermazione, in una famiglia non rigida, di cosa significava indipendenza. Ho continuato così, perché anche nell'essere madre ho scelto la strada di esserlo per molti altri figli, di molte altre madri. Il diritto alla scuola pubblica: ho fatto anche i blocchi stradali. Ma ancora non mi basta, e credo che quella bozza di organizzazione che aveva il mio primo circolo dell'UDI, dovrebbe innanzi tutto parlare del bisogno che le donne hanno di stare insieme per contare di più. Non siamo tornate indietro, sono gli uomini che non sono cresciuti: lo vedo nelle esperienze delle mie figlie, lo vedo nelle mie nipoti. Credo che vada compresa e comunicata la nuova voglia di libertà delle giovani donne.
Finisce il tempo a nostra disposizione e tutte le donne che sono intervenute: quelle del gruppo di discussione di Pianura, le assessore e le consigliere della municipalità, le donne dell'UDI e dell'associazione maddalena, le giovani professioniste e no, le singole "richiamate dal tema", si raccolgono, non contente di dover finire, nei "gruppetti d'interesse". Chi non parlava comincia a parlare.
L'appuntamento alla prossima, e naturalmente all'8 marzo.
Su madri e figlie si dice e si parla ogni volta che si parla di femminismo.
Parlare, invece, da madri e figlie è un'altra cosa e ha messo sotto gli occhi di chi scrive un fatto, che sta diventando una convinzione: che il modo peggiore di rapportarsi da donna a donna è farlo dai ruoli e dalle età. C'è una specie di maternalismo nell'interrogare "le giovani", che presume da parte loro una forma, invece inesistente, d'ignoranza sul passato ed anche una scarsa consapevolezza, anche questa inesistente.
Abbiamo capito anche, e scrivendo conosceremo anche i pareri delle altre, che la migliore possibile forma di relazione è quella di offrire esperienze senza obbligare a dirne, quella di offrire iniziative e lasciare che prendano la forma di chi le trova attraenti.
Nel lavoro per la preparazione per la manifestazione del 13, per esempio, le donne "giovani" che erano venute attratte da un comunicato e da un'iniziativa, si sono poi sentite catturate da un obbligo a comunicare, che non avevano e non volevano avere. Verrà dopo, quel comunicare, quando ognuna offerto il suo saper fare senza attendersi nulla "di ritorno".
Una bella serata, senza esagerazioni, della quale non abbiamo potuto riportare tutto, ma speriamo bene almeno il senso.
Le provocatrici ( Ass. Maddalena, Udi di Napoli, Donne Medico)
20/02/11

   
Centro Polifunzionale - Viale Adriano - Napoli
18 febbraio '11 ore 16,30

Incontro organizzato a cura dell'Associazione Maddalena in collaborazione con Udi di Napoli e Donne Medico.
Partecipano:
Annamaria Esposito (consigliera municipalità)
Emilia Lanzaro (consigliera municipalità)
Luisa Iodice (assessora municipalità)
Alessia Voza (psicologa)
Hanno parlato tra loro le donne di Maddalena, UDI, del "Villaggio delle donne" e tante altre.
Amel Mathlouthi
Musica per la Libertà
Da REPUBBLICA "Se non ora quando?"
Bruno Trieste
 

 
Da REPUBBLICA "Se non ora quando?"
Andrea  Salerno
 
 

Se... questo è un uomo
Agli uomini di Bologna


Il penoso scenario del Bunga Bunga e dell’incrocio fra potere e prostituzione, di cui il nostro Presidente del Consiglio sarebbe (secondo l'illuminante definizione del suo avvocato) l'«utilizzatore finale», offende profondamente la dignità delle donne. Offende anche gli uomini? Se sì, perché? Cosa esattamente ci infastidisce, ci indigna, ci fa arrabbiare e scendere in piazza?
Crediamo che sia necessario, come uomini, chiedercelo. Crediamo che sia necessario parlarne, perché questa squallida vicenda può essere l'occasione per una consapevolezza in parte nuova degli uomini che abitano questo paese rispetto non solo - e non tanto - a Berlusconi, ma più profondamente alla cultura sessista maschile di cui «Papi» è insieme il prodotto e, grazie alla pedagogia delle relazioni fra i generi trasmessa ogni giorno dal suo impero mediatico, anche una delle cause.
Se Berlusconi scomparisse improvvisamente per magia, tutto tornerebbe a posto? Molti in questo paese lo credono. Noi non siamo di questo parere. Per ricostruire una società davvero libera per uomini e donne il lavoro sarà lungo, e dovrà riguardare anche le concezioni e i ruoli diffusi del maschile e del femminile. Questo lavoro chiama in causa tutti e tutte. Abbiamo, come uomini, qualcosa da dire, o pensiamo che questa sia una «cosa di donne»?
Crediamo che, proprio in quanto uomini, si possa andare oltre il semplice appoggio “altruista” alle proposte e proteste delle donne. Crediamo che, a partire da una nuova consapevolezza della posta in gioco che coinvolge anche noi, come esseri umani di genere maschile, noi tutti possiamo contribuire attivamente a costruire relazioni liberate dalla misera messa in scena di una virilità disperata e disperante.
Non abbiamo ricette pronte, non proponiamo modelli e vocabolari precostituiti, non sappiamo bene dove ci porta un confronto fra uomini sul cambiamento delle relazioni di genere nella nostra società. Ma sentiamo che è arrivato il momento di provare a impegnarci insieme in questa direzione. Alcuni di noi lo fanno già, non da oggi: ora forse è possibile porre le premesse per una presa di parola maschile ancora più ampia e responsabile. Non per fare un favore alle donne, ma per la libertà di tutte e tutti, quindi anche e in primo luogo nostra. Non per essere «amici delle donne», ma per provare a essere più amici innanzitutto di noi stessi.
Soprattutto dopo le straordinarie manifestazioni di domenica 13 febbraio, a cui moltissimi hanno partecipato con convinzione, crediamo che gli uomini di questa città non possano più accontentarsi di essere parte attiva del mutamento soltanto in un giorno festivo.
Se anche tu lo pensi, parliamone insieme:
giovedì 3 marzo
ore 20.30
s a l a b e n j a m i n
via del pratello 53
BOLOGNA

promuovono:
Daniele Barbieri (giornalista), Sandro Bellassai (Maschile plurale), Sandro Casanova (Maschile plurale, Lab. Smaschieramenti), Juri Guidi (Ass. Donne pensanti), Gianluca Ricciato (Maschile plurale, Lab. Smaschieramenti), Marco Trotta (mediattivista)

maschileplurale@yahoo.it