|
A casa di Vincenzo
si mangiava meno di prima, tutti e quattro i ragazzi la mattina
continuavano ad alzarsi presto per recarsi in montagna a fare la
legna, ognuno di loro doveva contribuire, se voleva mangiare. I
fasci di legna si dovevano trasportare sulla testa fino alle carceri,
che si trovavano ai piedi della montagna, ma sull'altro versante
nel comune di Cinquefrondi. Ogni sera Pasquinella consegnava le
monete, tutte fino all'ultima lira, ma questo non stava bene ai
suoi fratelli maschi, così una sera scoppiò una lite
furibonda con il padre e Beppe scappò così di casa.
Per molti mesi non si seppe nulla di lui, il padre non lo nominava
nemmeno. Pasquinella di nascosto piangeva e pregava che non gli
fosse successo niente. Una sera bussarono alla porta, Vincenzo andò
ad aprire.
Erano due carabinieri: "presto venite alla stazione del treno,
c'è un ragazzino privo di conoscenza. Ha la febbre altissima,
la polizia lo ha trovato al porto di Civitavecchia, gli ha domandato
le generalità e l'ha messo su un treno. Dopo ci ha telegrafato".
Vincenzo corse alla stazione, lo caricò sulle spalle e se
lo riportò nel loro piccolo pagliaio, lo sdraiò sul
letto privo di sensi. La matrigna, quando lo vide in quelle condizioni
si mise a piangere e a gridare fingendo uno svenimento, ma poi rimase
al capezzale tutta la notte bagnandogli le labbra. Fu una notte
interminabile. La mattina il padre chiamò Pasquinella ordinandole
di andare a casa di compare Vice a chiedergli se avesse qualche
rimedio per Beppe che stava morendo.
|
|