CivitasMed
Mostra-Convegno
della solidarietà e dell'economia civile

16-19 novembre 2006

Workshop: La guerra dentro
Laboratorio di teorie e pratiche politiche di mediazione dei conflitti

venerdì 17 novembre 2006 ore 16,00

Cosenza - Cupole geodetiche
Sala convegni

 
 

 

INTERVENTI


 


Nel presentare questo libro conviene chiarire subito l'equivoco a cui il titolo - La nonviolenza delle donne - potrebbe indurre: non è intenzione delle autrici perpetuare l'oppressivo luogo comune secondo cui le donne sarebbero meno violente e meno aggressive degli uomini. Non solo perchè è stato fin troppo dimostrato che le donne possono essere anche molto cattive (vedi soldatesse torturatrici, madri assassine, ministre guerrafondaie e via dicendo). E non solo perchè sempre più uomini mettono seriamente in discussione il dogma culturale della loro connaturale attitudine a bellicosità e competizione.
Il motivo per cui ci preme non cadere nell'equivoco delle donne nonviolente per "natura" è perchè siamo consapevoli che, per quanto riguarda il tema "genere maschile e femminile", la maggior parte delle cose definite "naturali" sono in realtà frutto della secolare cultura patriarcale da cui proveniamo: una cultura in via di sfaldamento, da quando sono state individuate le false premesse del pensiero bipolare e si è compreso il valore dell'ambivalenza e complessità del mondo. Oggi, la differenza tra persone è stata riconosciuta come una ricchezza, e non più motivo di discriminazione. E il femminismo ha contribuito moltissimo alla trasformazione della realtà da manichea e oppressiva in plurale e potenzialmente libera.
Le autrici di La nonviolenza delle donne hanno scelto di raccontare qualcosa a proposito di donne che vivono in maniera autentica e significativa in realtà potenzialmente libere, pur se molto problematiche.
Attraverso il racconto di esperienze di donne rivolte all'essenziale (e per questo instancabili e profonde costruttrici di pace) e il recupero di contenuti e pratiche femministe, in questo libro emerge il contributo che la libertà femminile sta offrendo alla realizzazione di un mondo aperto all'esistenza, allo sviluppo e alla libertà autentica di ogni essere.
Nei diversi contributi del volume emergono luoghi concreti e simbolici in cui la differenza delle donne sta generando cambiamento della politica e della società in una direzione nonviolenta. Nella prima parte si susseguono otto contributi che esaminano alcuni temi comuni a femminismo e nonviolenza. Nella seconda parte, divisa in due sezioni, si snocciola una sorta di panoramica, di alcune realtà femminili che hanno trovato modalità creative ed alternative per risolvere la difficile conduzione materiale della quotidianità, spesso intrisa di violenze, guerre e ingiustizie. Queste donne, creando reti tra loro e lasciando da parte ostilità e barriere, realizzano pace.


Dal dialogo introduttivo tra Giovanna Providenti e Lidia Menapace:
G: Nel libro vengono raccontate delle esperienze di vita, o vengono recuperati dei discorsi, delle metafore, che rispondano sia al tema della nonviolenza che a quello delle donne. Non della "donna", ma di donne in carne ed ossa (o solo in spirito come Penelope, Cassandra e Debora) che, a loro modo, possano definirsi nonviolente. Per raccontarle le abbiamo dovute ricercare, indagando a vari livelli, e aprendo nuovi scenari e anche nuove domande. Ma iniziamo con la domanda di partenza: le donne sono più nonviolente degli uomini?
L: Le donne ciascuna donna singola in quanto tale, no, non credo, non storicamente, non fino a tempi molto vicini a noi. Il movimento delle donne invece storicamente sì, anche forse in modo non consapevole. Quando sono iniziate le lotte delle donne, anche solo per rivendicare i diritti di parità, queste lotte sono sempre state nonviolente.
G: In che senso nonviolente? Nelle strategie di lotta?
L: Ecco, io non uso mai la parola strategia perchè è una parola militare. Pratiche, bisogna usare la parola pratiche.
G: Giusto sì, pratiche, è una parola che appartiene più alle donne che degli uomini e che contiene già in sé la coincidenza nonviolenta tra mezzo e fine, senza bisogno di specificarlo. E poi il termine pratiche rimanda al quotidiano, al corpo, alla vita materiale, dal respirare al far da mangiare, accudire vecchi e bambini, e tutte quelle cose che si fanno perchè vanno fatte comunque, non perchè si aspira alla santità, o cose del genere.....
L: Sì, ma io stavo pensando proprio alle pratiche politiche. Le migliori pratiche usate dalle donne, nelle loro rivendicazioni politiche, sono sempre state cose come marce, sit-in, raccolte di firme, occupazione di tribune, picchetti, scioperi della fame. Il movimento delle donne si presenta sulla scena della storia usando le forme dell'azione nonviolenta, tanto che Gandhi stesso riconosceva di avere imparato dalle suffragiste inglesi.
G: Allora non le donne, ma il movimento delle donne sì: può essere considerato nonviolento. Ma cosa intendiamo per movimento delle donne? Il femminismo?
L: Sì, il femminismo, chiamiamolo così: e fin dalla fase emancipazionista, fin dalle primissime lotte durante la rivoluzione francese....
G: Pratiche tra femminismo e nonviolenza, ecco il tema della nostra ricerca! E se volessimo metterci a fare delle differenze su quale pratica femminista sia più nonviolenta? Quale sceglieresti tra quelle dei tempi in cui si rivendicava uguaglianza ed emancipazione, e quelle degli anni Settanta, rivolte al riconoscimento della differenza ed alla libertà delle donne?
L: Dovrebbero essere le seconde, ma non è stato così. Nel femminismo degli anni Settanta la questione della nonviolenza non è neanche stata posta. C'è stata una grande reticenza. Negli anni che hanno seguito al Sessantotto, il femminismo propugnava azioni violente.
G: Ma io pensavo al movimento della liberazione femminista, non al Sessantotto con tutte le sue contraddizioni.... Certo, io non c'ero, me ne sono fatta un'idea leggendo le femministe di allora. Tra le italiane penso a Carla Lonzi, Alessandra Bocchetti, Luisa Muraro: ho letto i loro libri con passione e ammirazione, e, anche se loro non hanno usato questo termine... io le definirei nonviolente.... Tra queste tre che nomino ho conosciuto di persona solo Luisa Muraro, che, come vedi, ha accolto la proposta di essere presente in questo volume. E, per noi che ci sentiamo sia femministe che nonviolente (come me e Valeria Andò), la sua presenza tra noi significa molto. Ma tu vedi le cose da un'altra prospettiva, dall'alto della tua età matura... e poi tu c'eri....
L: Sì, io c'ero e ti posso assicurare che gli anni Settanta non sono stati certamente nonviolenti, e che il movimento femminista stava dentro, o quantomeno non riusciva a distaccarsene...... Sì, c'è stato anche allora un dibattito sul tema: abbastanza censurato, direi. Io stessa, che già partecipavo alle marce nonviolente organizzate da Capitini tra Perugia ed Assisi, ho preso posizione attraverso uno scambio epistolare con delle donne che avevano fatto parte delle Brigate Rosse, e che erano in galera. Questo scambio di lettere si infrangeva sempre su un punto che, secondo me, imbracciare le armi e sparare era una estrema forma di emancipazione imitativa, e non aveva niente a che vedere con la liberazione. Mentre invece per loro le donne potevano dirsi libere se potevano fare qualsiasi cosa possa fare un uomo: non ci vuole molto per questo! Tu nomini Carla Lonzi: ma lei non è stata così significativa nella storia del neo-femminismo italiano degli anni Settanta, è stata riscoperta dopo dalle giovani generazioni. E Bocchetti: sì, lei aveva scritto un testo sulla estraneità delle donne alla guerra. Il testo è splendido, dal punto di vista proprio espressivo, però è poco dire "estranee", cosa significa? Non si può dire che siamo fuori, anche noi facciamo parte della cittadinanza, non sono più i tempi di Virginia Woolf. Luisa Muraro me la ricordo ai tempi della sua tesi di laurea, quando insegnavo alla cattolica di Milano.
G: E se invece pensiamo ad alcune pratiche femministe forse un po' successive, come il partire da sé, la pratica dell'affidamento, la pratica della disparità, lo stesso separatismo. Queste sono tutte pratiche che potrebbero essere definite nonviolente, secondo me.....
L: Sì e no... A me sembra che all'interno del separatismo ci siano state delle modalità violentissime. E poi anche l'uccisione simbolica della leader secondo me è un gesto violento....
G: Ma mica la uccidevano veramente! Credo che lo scopo fosse praticare autentica democrazia: lavorare in cerchio, parlarsi alla pari, senza che qualcuna contasse più di un'altra... La stessa pratica dell'autocoscienza tra donne, non sarebbe stata possibile se ci fosse stata una leader.
L: Sì e no... Perchè poi quando si parla di affidamento, di disparità, si ristabiliscono ruoli di potere e di autorità.
G: A me invece l'affidamento sembra una sorta di pratica necessaria alle donne che sentono il bisogno di affidarsi a qualcuno per sentire di essere vive... È il fatto di affidarsi ad una donna invece che ad un uomo che fa la differenza. Perchè una donna, una femminista, non userà questo ruolo in maniera autoritaria...
L: Io sento di appartenere ad un femminismo che definirei della sorellanza, non della madre. Parlare di simbolico della sorellanza, piuttosto che di simbolico della madre, è più nonviolento, perchè rimanda a un ambito egualitario. Le sorelle non hanno autorità una sull'altra... E poi a me non è mai venuto in mente di potermi affidare a qualcuno, né che qualcuno si affidasse a me.
G: Io non ci sono arrivata per età a "fare il femminismo" (come diceva Carla Lonzi), né ho incontrato donne con cui praticare esperienze come il separatismo, l'autocoscienza o l'affidamento, che coniugano personale e politica. Però non nego che mi piacerebbe. Io vedo in queste pratiche una carica liberatoria più che oppressiva: potere fidarmi talmente tanto da liberare le mie energie più autentiche all'interno di una relazione. Sia collettiva (l'autocoscienza) che interpersonale (l'affidamento). Con un uomo è più difficile superare tutte le diffidenze, e se succede c'è sempre il rischio dell'abuso da una parte e della sottomissione dall'altra, almeno nel vissuto. Rischio che ci sarebbe anche con una donna: ma qui la differenza è segnata dal femminismo, dal fatto di esplicitare che questa pratica ha per scopo la liberazione. Io mi affido ad un'altra femminista come me, a cui riconosco l'autorità di aiutarmi a liberare, e poi mi libero, e posso anche lasciarla andare, stabilire con lei un'altro tipo di relazione, non più madre ma sorella. Si tratta di pratiche di liberazione. E la liberazione, sia delle donne che degli uomini, a livello sia personale che politico, è la premessa della nonviolenza. Tu stessa, nel tuo intervento al convegno, hai detto che non si può fare nessun discorso politico nonviolento senza considerare l'elemento del femminismo.
L: Io non ho vissuto come liberatorie quelle pratiche specifiche, forse perchè ero attaccata al pensiero e alle pratiche antiautoritarie, forse anche perchè appartengo a un'altra generazione, come dicevi anche tu. Ehm, io sono la nonna! Però, sì, credo che un pensiero politico che non includa ciò che è il femminismo, e non si aggiorni (perchè il femminismo non è mica lo stesso sempre, e inoltre i femminismi sono tanti) è un discorso incompleto e sostanzialmente violento, che richiama il linguaggio non inclusivo. Dire uomo per intendere l'essere umano - come ancora ho sentito fare a molti nonviolenti - comporta un genocidio simbolico di natura violentissima. Però vorrei insistere sul valore della sorellanza e sulla sua pregnanza simbolica. Pensa ad esempio alla rivoluzione francese, da cui è nata l'idea di fraternité: i fratelli erano fratelli in armi, se invece fossero state sorelle sarebbe stato tutto un altro discorso..... Ma è andata così! Anche se Gramsci diceva che bisogna fare la storia con i "se", io non sono poi tanto d'accordo. La cosa più importante è vivere nel presente.
G: E cosa succede nel presente? Come fare a recuperare un discorso nonviolento e femminista? O forse, dato che siamo nell'era del post-femminismo, potremmo definirlo semplicemente femminile?
L: No, chiamiamolo pure femminista! Fin quando il patriarcato permane....,


"Quaderni Satyagraha", Libreria Editrice Fiorentina, 2006
La nonviolenza delle donne - a cura di Giovanna Providenti
indice

Lidia Menapace - Giovanna Providenti, Femminismo e nonviolenza: dialogo tra due generazioni diverse
Giovanna Providenti, Introduzione. La libera aggiunta femminista

RIFLESSIONI
Luisa Muraro, La forza in campo dell'amore: per un uso pensante delle differenze
Giovanna Providenti, La rispondenza delle donne alla nonviolenza
Valeria Andò, Nonviolenza e pensiero femminile: un dialogo da iniziare
Patrizia Caporossi, Il dono della libertà femminile
Fabrizia Abbate, Il tempo al femminile. l'attesa, la cura, la cittadinanza pacifica
Debora Tonelli, Donne e nonviolenza: il ruolo di Debora nella vittoria di Israele.
Elisabetta Donini, La rete delle Donne in nero: tra capacità e limiti, tra locale e globale
Luisa Del Turco,Le donne e la comunità internazionale: pratiche politiche e strategie

PRATICHE
Donne dal Sud del mondo costruttrici di pace
Ada Donno, Donne di pace arabe ed ebree nel conflitto israelo-palestinese
Federica Ruggiero, Pratiche di resistenza delle donne nel genocidio rwandese
Sandra Endrizzi, La pace che viene da sud: donne ed economie che cambiano la vita
Luana Pistone, Fiocco Rosa e Spose Bambine. Storie di donne e resistenza nonviolenta in Bangladesh
Itala Ricaldone, Vasantha, le scuole, le donne: un percorso in espansione con l'ASSEFA
Diego Marani, Donne sudanesi realizzatrici di pace

Esperienze nonviolente di donne instancabili
Cecilia Brighi, Aung San Suu Kyi: un Nobel per la pace agli arresti domiciliari
Adriana Chemello, Maria Occhipinti: la "donna di Ragusa"
Monica Lanfranco, Femminismi, nonviolenza, reticenze: un'esperienza di formazione italiana
Giancarla Codrignani, Donne, diplomazie, nonviolenza: donne con volontà concreta di cambiare
Maria G. Di Rienzo, Per cosa mio figlio va a morire? Il linguaggio semplice delle madri statunitensi
Elena Zdravomyslova, Il Movimento delle Madri dei Soldati in Russia
Giovanna Providenti, Un'esperienza nonviolenta in una comunità femminile

RECENSIONI
Valeria Andò, L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, 2005
Sandra Endrizzi, Pesci Piccoli. Donne e cooperazione in Bangladesh, Boringhieri, Torino 2002
Francesca Brezzi, Antigone e la Philìa. Le passioni tra etica e politica, FrancoAngeli, 2004
Marlène Tuininga, Donne contro le guerre. Femminile plurale non violento, ed. Nord Sud

La casa editrice è la seguente:
Libreria Editrice Fiorentina, via Giambologna 5 - 50132 Firenze (I) editrice@lef.firenze.it,  telefono 055 579921 e fax: 055 3905997 - orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e martedì e giovedì dalle 15 alle 18 telefono e fax 055-579921 - C.C. postale 19065507

 
 
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