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Pasquinella scese di
corsa di corsa i sette gradini della scaletta di legno.
La zia e il padre erano lì davanti assieme ad altre donne
vicine di casa che erano accorse per dare aiuto alla partoriente.
La campana suonava l'Ave Maria, un'anziana avvolta in uno scialle
nero incominciava a recitare il rosario e Vincenzo ordinò
ai figli:
"questa sera il rosario lo diremo in ginocchio perché
la mamma si dovrà liberare presto".
Dopo un po' si aprì la botola e si udì un vagito,
una donna si affacciò e gridò:
"è femmina! È femmina!"
"Padre - domandò Beppe - come la chiamate?"
"La chiameremo Stella e voi altri dovrete prendervi cura di
lei perché se volete avere un pezzo di pane la mamma dovrà
venire con me in montagna a piantare il mais
sperando sempre
che dopo piova altrimenti sarà lavoro sprecato".
In quella settimana a San Giorgio c'era un gran fermento, la Santa
Pasqua era passata da poco e il parroco aveva annunciato ufficialmente
che a distanza di 15 giorni nella Chiesa Madre sarebbe giunto il
vescovo per imprimere il sacramento della cresima,
inoltre invitava le famiglie a pregare per la comunità perché
una malattia contagiosa, che non si poteva curare, era presente
nel paese. Raccomandava di rimanere chiusi in casa e di non uscire
se non in caso di necessità estrema. Pasquinella, uscita
dalla chiesa, si mise a correre per riferire alla mamma tutto quello
che il parroco aveva raccomandato, ma con un solo pensiero in testa:
lei si voleva cresimare. Giunta a casa salì velocemente la
scaletta
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