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Qualche volta un giovanotto,
che era con loro, tirava fuori dalla tasca un'armonica a bocca e
incominciava a suonare, i meno stanchi si mettevano a ballare non
sentendo i rimproveri di quelli che volevano dormire e spesso tutto
questo si concludeva con delle liti.
Finito il periodo delle olive, i ragazzi tornarono in famiglia e
portarono un bel po' di soldi e anche un otre pieno d'olio. Con
grande meraviglia si accorsero che accanto al pagliaio Vincenzo
aveva costruito una casetta vera, con i mattoni e la calce che aveva
portati Beppe, li aveva avuti in regalo dal proprietario del forno
per i suoi servigi.
Per un po' i ragazzi condussero la vita di sempre, Vincenzo stava
un po' meglio e aveva coltivato un pezzetto di terra. Pasquinella
si stava facendo grande e a parte la legna, andava a lavorare dovunque
la chiamassero dandole la paga da adulta. Nel mese di maggio, quando
tornava dal lavoro, nel cielo c'era ancora il sole e le giornate
erano più lunghe; lei ne approfittava per riempire il cesto
di panni sporchi e per recarsi al fiume a fare il bucato. Era una
festa, anche le figlie dei coloni di Don Antonio facevano il bucato
a quell'ora. I ragazzi che si ritiravano dal lavoro, per attirare
la loro attenzione, gli sporcavano l'acqua buttando sassi e facendogli
arrivare gli schizzi addosso, loro contraccambiavano imprecando
e ridendo. Una sera Pasquinella rimase al fiume più del solito,
era quasi buio quando imboccò la via del rientro a passo
svelto e con il cesto del bucato sulla testa. Ad un certo punto
disse alla sorellina:
"Questa sera il padre me le dà di santa ragione, ho
proprio esagerato, anche tu sei fradicia Carmela, speriamo che non
ti viene un malanno altrimenti mi uccide
"
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