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    Capitolo IV
 
 
 
Qualche volta un giovanotto, che era con loro, tirava fuori dalla tasca un'armonica a bocca e incominciava a suonare, i meno stanchi si mettevano a ballare non sentendo i rimproveri di quelli che volevano dormire e spesso tutto questo si concludeva con delle liti.
Finito il periodo delle olive, i ragazzi tornarono in famiglia e portarono un bel po' di soldi e anche un otre pieno d'olio. Con grande meraviglia si accorsero che accanto al pagliaio Vincenzo aveva costruito una casetta vera, con i mattoni e la calce che aveva portati Beppe, li aveva avuti in regalo dal proprietario del forno per i suoi servigi.
Per un po' i ragazzi condussero la vita di sempre, Vincenzo stava un po' meglio e aveva coltivato un pezzetto di terra. Pasquinella si stava facendo grande e a parte la legna, andava a lavorare dovunque la chiamassero dandole la paga da adulta. Nel mese di maggio, quando tornava dal lavoro, nel cielo c'era ancora il sole e le giornate erano più lunghe; lei ne approfittava per riempire il cesto di panni sporchi e per recarsi al fiume a fare il bucato. Era una festa, anche le figlie dei coloni di Don Antonio facevano il bucato a quell'ora. I ragazzi che si ritiravano dal lavoro, per attirare la loro attenzione, gli sporcavano l'acqua buttando sassi e facendogli arrivare gli schizzi addosso, loro contraccambiavano imprecando e ridendo. Una sera Pasquinella rimase al fiume più del solito, era quasi buio quando imboccò la via del rientro a passo svelto e con il cesto del bucato sulla testa. Ad un certo punto disse alla sorellina:
"Questa sera il padre me le dà di santa ragione, ho proprio esagerato, anche tu sei fradicia Carmela, speriamo che non ti viene un malanno altrimenti mi uccide…"