|
Non ne potè
più e armata di coraggio andò a casa dei suoi genitori.
Forse la matrigna era l'unica che poteva capirla, avrebbe potuto
confidarle tutto.
Quando Pasquinella entrò, non la trovò sola, assieme
a lei c'erano i suoi fratelli che stavano dando una mano a tosare
le pecore, era talmente sconvolta che nemmeno salutò. La
piccola Carmela le corse incontro:
"A quest'ora sei venuta? Che cosa mi hai portato?"
"Oggi non ho portato niente! Sono venuta perché avevo
voglia di vedervi".
Tutti le fecero festa.
"Si è fatta proprio una bella ragazza - commentarono
- a casa di Don Antonio si è raffinata, sembra una di loro
e poi avete visto come è vestita e come è pettinata?
Le trecce le ha tirate su come le signore importanti!"
Pasquinella fece finta di non sentire, un nodo le stringeva la gola,
accusava un dolore al petto come se qualcuno le avesse conficcato
dei chiodi. Le tornarono in mente le parole di Beppe
"se
succede qualcosa alle mie sorelle vi uccido tutti e due". Guardava
la sua famiglia e in ogni volto leggeva serenità. La matrigna,
dopo averla osservata, domandò:
"Pasquinella, ma tu hai il viso gonfio e le guance violacee,
forse sei rimasta troppo tempo davanti al fuoco a cucinare?"
In quel momento la ragazza avrebbe voluto chiamarla in disparte
e raccontarle tutto, ma fu interrotta dal padre: "E tu che
ci fai qui a quest'ora? Oggi è domenica, non avevi niente
da fare?... di chi è quest'abito che indossi
"
le disse con tono di rimprovero:
"Di nessuno, è mio me lo ha fatto la sarta
"
|
|