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"E la sarta non
te l'ha detto che quest'abito non è adatto a te? Che il colletto
lo portano li 'gnuri e tu non sei 'gnura? Sei mia figlia e sei nata
villana! O forse ti sei dimenticata a chi appartieni? Che ti sei
messa in testa?"
Pasquinella chinò la testa senza rispondere. Il padre le
si avvicinò, la prese per le guance e la scosse forte dicendole:
"Adesso quest'abito lo riporti dalla sarta e ti fai togliere
il colletto, se lo vuoi indossare ancora, altrimenti te lo strappo!
E poi i capelli li devi pettinare come ti ha insegnato tua madre!
Le trecce devono formare una corona intorno al capo e non questa
specie di nido per i merli che tieni sulla testa. Ti prego Pasquinella
fammi camminare a testa alta come sempre, non voglio che le persone
mi ridano dietro, se questo dovesse succedere sarebbe meglio che
inizi a scavare la fossa con le tue mani
perché io
ti uccido!"
La ragazza rassicurò il padre, chiuse la porta dietro di
sé e fece ritorno al paese rassegnata al proprio destino.
"Devo prendere la vita come viene, giorno per giorno"
diceva a se stessa. Ogni tanto si sfogava con Rosa che, un po' per
difenderla un po' per gelosia nei suoi confronti, iniziava a litigare
con il padrone. Don Antonio, suscettibile e permaloso com'era, ci
metteva poco a diventare un carnefice. Naturalmente solo con Pasquinella,
Rosa sapeva come fare pace con lui. Cominciò a farla lavorare
come una schiava, niente gli andava bene, la riprendeva di continuo.
"Ricordati quanto sto facendo per te e per la tua famiglia!
E loro, come mi ripagano? Mandandomi a servizio la ragazza più
stupida e incapace che possa esistere!".
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