51
    Capitolo VI
 
 
 
"E la sarta non te l'ha detto che quest'abito non è adatto a te? Che il colletto lo portano li 'gnuri e tu non sei 'gnura? Sei mia figlia e sei nata villana! O forse ti sei dimenticata a chi appartieni? Che ti sei messa in testa?"
Pasquinella chinò la testa senza rispondere. Il padre le si avvicinò, la prese per le guance e la scosse forte dicendole:
"Adesso quest'abito lo riporti dalla sarta e ti fai togliere il colletto, se lo vuoi indossare ancora, altrimenti te lo strappo! E poi i capelli li devi pettinare come ti ha insegnato tua madre! Le trecce devono formare una corona intorno al capo e non questa specie di nido per i merli che tieni sulla testa. Ti prego Pasquinella fammi camminare a testa alta come sempre, non voglio che le persone mi ridano dietro, se questo dovesse succedere sarebbe meglio che inizi a scavare la fossa con le tue mani… perché io ti uccido!"
La ragazza rassicurò il padre, chiuse la porta dietro di sé e fece ritorno al paese rassegnata al proprio destino.
"Devo prendere la vita come viene, giorno per giorno" diceva a se stessa. Ogni tanto si sfogava con Rosa che, un po' per difenderla un po' per gelosia nei suoi confronti, iniziava a litigare con il padrone. Don Antonio, suscettibile e permaloso com'era, ci metteva poco a diventare un carnefice. Naturalmente solo con Pasquinella, Rosa sapeva come fare pace con lui. Cominciò a farla lavorare come una schiava, niente gli andava bene, la riprendeva di continuo.
"Ricordati quanto sto facendo per te e per la tua famiglia! E loro, come mi ripagano? Mandandomi a servizio la ragazza più stupida e incapace che possa esistere!".