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I due si appartarono
nello studio e Pasquinella rimase sola in cucina.
"Che c'è zio, dimmi".
"Ti vorrei chiedere un favore. Riguarda Pasquinella, non vuole
più stare qui. Ho cercato di distoglierla ma lei è
convinta, vuole andarsene. Non voglio che le succeda niente, mi
sento responsabile della sua vita,
in fondo se si è ridotta così è solo colpa
mia. Trovale una famiglia di rispetto ... intendo soprattutto che
rispettino lei, in tutti i sensi. Non ti sarà difficile,
hai tante conoscenze e quando l'avrai trovata, avvertimi che darò
tutte le garanzie di cui avranno bisogno".
"D'accordo zio, sei stato chiarissimo. Appena arriverò
mi informerò e ti farò sapere".
Passavano i giorni e Pasquinella era combattuta tra il forte desiderio
di rimanere a S. Giorgio, nella casa del padrone, che in fondo sentiva
anche sua, e la voglia di scappare lontano da lui. Era stanca di
combattere con 'Ntoni e con il giudizio della gente che, ormai,
avvertiva come una persecuzione. Il suo orgoglio la spingeva ad
andare via da qualche parte e conoscere persone diverse che non
l'avrebbero più additata ma rispettata per quello che era.
Non era trascorso il mese che un pomeriggio di domenica 'Ntoni chiamò
Pasquinella nello studio: aveva preparato una lettera che piegò
e mise in una busta, consegnandola alla ragazza.
"Qualche giorno fa ho avuto notizie da mio nipote che ha trovato
una famiglia che ha bisogno di una donna di servizio. Si tratta
di gente altolocata, lui è un generale dell'esercito e, da
come Carlo ti ha presentato, sarebbero disposti a prenderti. Adesso
apri bene le orecchie: ti senti veramente all'altezza di servire
gente di questa portata?"
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