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    Capitolo VIII
 
 
 
I due si appartarono nello studio e Pasquinella rimase sola in cucina.
"Che c'è zio, dimmi".
"Ti vorrei chiedere un favore. Riguarda Pasquinella, non vuole più stare qui. Ho cercato di distoglierla ma lei è convinta, vuole andarsene. Non voglio che le succeda niente, mi sento responsabile della sua vita,
in fondo se si è ridotta così è solo colpa mia. Trovale una famiglia di rispetto ... intendo soprattutto che rispettino lei, in tutti i sensi. Non ti sarà difficile, hai tante conoscenze e quando l'avrai trovata, avvertimi che darò tutte le garanzie di cui avranno bisogno".
"D'accordo zio, sei stato chiarissimo. Appena arriverò mi informerò e ti farò sapere".
Passavano i giorni e Pasquinella era combattuta tra il forte desiderio di rimanere a S. Giorgio, nella casa del padrone, che in fondo sentiva anche sua, e la voglia di scappare lontano da lui. Era stanca di combattere con 'Ntoni e con il giudizio della gente che, ormai, avvertiva come una persecuzione. Il suo orgoglio la spingeva ad andare via da qualche parte e conoscere persone diverse che non l'avrebbero più additata ma rispettata per quello che era. Non era trascorso il mese che un pomeriggio di domenica 'Ntoni chiamò Pasquinella nello studio: aveva preparato una lettera che piegò e mise in una busta, consegnandola alla ragazza.
"Qualche giorno fa ho avuto notizie da mio nipote che ha trovato una famiglia che ha bisogno di una donna di servizio. Si tratta di gente altolocata, lui è un generale dell'esercito e, da come Carlo ti ha presentato, sarebbero disposti a prenderti. Adesso apri bene le orecchie: ti senti veramente all'altezza di servire gente di questa portata?"