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    Capitolo VIII
 
 
 
"Don Antonio, sono stata io ad insistere. Certo che me la sento e poi una volta lì mi valuteranno. A tutto c'è rimedio, non penso che mi uccideranno se non sarò all'altezza".
"Va bene, visto che sei convinta… dimmi se vuoi partire domani o il prossimo lunedì, devo spedire il telegramma".
"Domani, preferirei domani se a voi non dispiace".
'Ntoni con un nodo alla gola le consegna un foglio con scritto l'orario del treno e l'indirizzo, poi apre il cassetto della scrivania e tira fuori un banconota da cento lire.
"Pasquinella, ti raccomando, appena arrivi consegna la busta con la lettera. E poi ricorda che tu dipendi sempre da me, è una promessa che ho fatto a tuo padre. Se non dovessi trovarti bene, questa è casa tua, potrai sempre tornarci. E adesso vattene, sparisci per favore, sarà meglio che per stanotte vai a dormire in campagna".
Pasquinella con le gambe che le tremavano, fece in fretta, mise tutte le sue cose nella cesta, salutò Mena e la figlia e piena di paura ed agitazione se ne andò. Il mattino dopo alle cinque si trovava già alla stazione, era partita senza dire niente a nessuno, nemmeno ai fratelli, semmai toccava al padrone metterli al corrente di tutto. Una volta salita sul treno teneva stretto in mano il foglio che 'Ntoni aveva scritto per lei. Non sapeva leggere e a Gioia Tauro doveva fare il cambio per Villa S. Giovanni, mostrava il foglio ai passeggeri per farsi indirizzare. Il secondo treno era molto affollato e lei rimase in piedi, i posti erano tutti occupati da militari che cantavano allegramente. Dopo un po' uno di loro si alzò per farla sedere al posto suo. Lei accettò senza dire una parola, per timore di sbagliare.