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"Don Antonio,
sono stata io ad insistere. Certo che me la sento e poi una volta
lì mi valuteranno. A tutto c'è rimedio, non penso
che mi uccideranno se non sarò all'altezza".
"Va bene, visto che sei convinta
dimmi se vuoi partire
domani o il prossimo lunedì, devo spedire il telegramma".
"Domani, preferirei domani se a voi non dispiace".
'Ntoni con un nodo alla gola le consegna un foglio con scritto l'orario
del treno e l'indirizzo, poi apre il cassetto della scrivania e
tira fuori un banconota da cento lire.
"Pasquinella, ti raccomando, appena arrivi consegna la busta
con la lettera. E poi ricorda che tu dipendi sempre da me, è
una promessa che ho fatto a tuo padre. Se non dovessi trovarti bene,
questa è casa tua, potrai sempre tornarci. E adesso vattene,
sparisci per favore, sarà meglio che per stanotte vai a dormire
in campagna".
Pasquinella con le gambe che le tremavano, fece in fretta, mise
tutte le sue cose nella cesta, salutò Mena e la figlia e
piena di paura ed agitazione se ne andò. Il mattino dopo
alle cinque si trovava già alla stazione, era partita senza
dire niente a nessuno, nemmeno ai fratelli, semmai toccava al padrone
metterli al corrente di tutto. Una volta salita sul treno teneva
stretto in mano il foglio che 'Ntoni aveva scritto per lei. Non
sapeva leggere e a Gioia Tauro doveva fare il cambio per Villa S.
Giovanni, mostrava il foglio ai passeggeri per farsi indirizzare.
Il secondo treno era molto affollato e lei rimase in piedi, i posti
erano tutti occupati da militari che cantavano allegramente. Dopo
un po' uno di loro si alzò per farla sedere al posto suo.
Lei accettò senza dire una parola, per timore di sbagliare.
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