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"Chissà
da dove viene questo militare, non è calabrese, si capisce
da come parla" pensava.
Il ragazzo le chiese dove fosse diretta e come mai una bella ragazza
con quei capelli d'oro e ricciolini fosse da sola. Pasquinella gli
fece leggere il biglietto.
"Conosco bene l'indirizzo e so dov'è quest'isolato,
ci abita il Generale. Se a voi farà piacere la sera, appena
sarò libero verrò a fare due passi sotto casa".
"No" rispose "non è possibile, andrò
a lavorare in una famiglia di rispetto che non permetterebbe a nessuno
di passeggiare sotto casa. Neanche il mio padrone lo consentirebbe,
anche lui è una persona molto rispettata e certe cose gli
danno fastidio".
"Come avete detto? Il vostro padrone? Ah, ah ah! Non sapevo
che foste una schiava".
Giunti a Villa, Pasquinella scese dal treno ed in gran fretta salì
sul traghetto. Era la prima volta che vedeva il mare.
"Com'è lontana Messina" pensò, le sembrava
di andare in America. Si sedette con la cesta sulle ginocchia e
per un attimo si rivide bambina. Era lì ai piedi del castello
a preparare la legna assieme ai suoi fratelli, poveri ma felici
e spensierati. Scoppiò a piangere, non erano trascorse neanche
quattro ore che già pensava al suo paese, alla campagna,
al fiume. Chissà se un giorno li avrebbe potuti rivedere.
Al porto di Messina la gente si affrettava a scendere dalla nave
e lei, con la sua cesta ed il foglio stretto in mano seguì
tutti gli altri. Non sapeva dove andare qualcuno l'avrebbe aiutata.
Ad attenderla c'era il nipote del padrone, assieme ad un altro militare.
Con modi gentili la fecero salire sulla carrozza e la condussero
a casa del Generale e della Signora Maria.
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