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presso una famiglia
altolocata di Catania, che in estate si trasferiva a Lipari per
trascorrere le vacanze.
Era molto scontenta del suo lavoro, la facevano sgobbare come una
schiava e, alla fine del mese, con una scusa inventata non le davano
mai quanto le spettava, accusandola oltretutto per cose che non
aveva commesso. Venera si sfogava sempre con Pasquinella: era rimasta
orfana e aveva come unico punto di riferimento una zia suora che
proprio pochi giorni prima le aveva spedito una lettera. La invitava
a lasciare la Sicilia e trasferirsi a Roma presso l'Istituto dove
lei operava, pian piano l'avrebbe sistemata. Venera era indecisa,
non se la sentiva di partire da sola e ogni giorno tartassava Pasquinella.
"Perché non vieni anche tu? Se siamo in due è
diverso! Per un periodo possiamo stare con le suore e poi si vedrà.
Potremmo trovarci un lavoro; a Roma ci sono molte altre opportunità".
"Per te forse, che sai leggere e scrivere! - rispondeva Pasquinella
- ma io cosa dovrei fare, rimanere chiusa in un convento? Non grazie,
non me la sento! Preferisco rimanere chiusa nella casa del generale".
"Pasquinella, pensaci! E se un giorno il generale si trasferisse
per esempio al Nord Italia? Che farai, ci andrai pure tu oppure
cambierai famiglia? Così sarai sempre costretta a ricominciare
da capo!"
Pasquinella, si convinse, decise di partire e garbatamente spiegò
alla sua signora che al rientro delle vacanze avrebbe lasciato il
lavoro per partire assieme a Venera. Intanto anche Don Antonio ne
era stato messo al corrente. Era l'inizio di settembre, dopo il
rientro a Messina Pasquinella si preparava per la partenza, il giorno
prima della data stabilita bussarono alla porta, lei andò
ad aprire
e rimase pietrificata perchè lì davanti
a lei c'era Don Antonio:
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