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"Salve, Pasquinella!
Che cos'è questa storia? Messina ti sta stretta? Vuoi raggiungere
la Capitale? E per fare cosa? Ah, dimenticavo, fare la serva a Roma
è tutta un'altra cosa, è più prestigioso, non
è vero?"
Pasquinella tentò di spiegare il motivo della sua decisione,
ma lui non volle sentire ragioni.
"Ora Basta! Mi sono stufato! Raccogli le tue cose, saluta e
chiedi scusa a questa onoratissima famiglia che a ringraziarla ci
penso io! Tornerai immediatamente con me a San Giorgio a fare la
serva dove l'hai sempre fatta, nella mia casa!"
Prima di andar via Pasquinella venne chiamata dalla signora in disparte:
"noi non abbiamo nessuna colpa, hai fatto tutto da sola e ti
sei messa il cappio al collo con le tue stesse mani. Io non so cosa
rappresenti per te Don Antonio, ma sono sicura che d'ora in poi
la tua vita sarà squallida e piena di lacrime".
Passò più di un anno da quando Pasquinella era rientrata
a San Giorgio e ormai faceva parte della famiglia di Don Antonio
a tutti gli effetti. Le persone avevano dimenticato il suo cognome
e la paternità, per tutti era ormai diventata "Pasquinella
di Don Antonio". Non provava alcuna attrazione fisica per il
padrone, che tra l'altro si era invecchiato, e giorno e notte pensava
sempre alla stessa cosa:
"che ne sarà di me quando il Signore lo chiamerà?
A chi mi rivolgerò visto che sono sola?"
In quel periodo a casa di 'Ntoni non si stava tranquilli, padre
e figlia litigavano spesso, lei rischiava di rimanere zitella. Era
giunta a ventisei anni e 'Ntoni aveva messo diversi pretendenti
alla porta, a causa del suo ceto sociale troppo alto.
"Non è adatto a te, come si permette? Tu sei mia figlia
e devi trovare di meglio!"
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