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Era un pomeriggio di
ottobre e Pasquinella scendeva in campagna con la bambina tenendola
per mano, mentre la piccola piangeva e strillava a squarciagola.
"Non voglio andare all'asilo, è buio lì, mi fanno
dormire seduta sulla sedia e poi mi tirano i capelli".
"Hai più di quattro anni e all'asilo ci vai perché
devi imparare tante cose, non continuare altrimenti le prendi di
santa ragione".
Giunte a casa 'Ntoni disse:
"Ma perché la devi far piangere, all'asilo non ci andrà".
"Ci andrà e come. Poi ci sarà la scuola. Intanto
imparerà le cose di Dio, non sa nemmeno farsi il segno della
croce, Damiano alla sua età recitava con me il rosario. Poi
non mi chiama mamma, nessuno glielo ha insegnato!"
"Pasquinella tu hai occhi amorevoli solo per tuo figlio, ora
è un uomo, bello e intelligente, ma non ha le palle! Vorrebbe
fare la carriera militare, figurarsi! Sai che ti dico che è
meglio se lo chiudiamo a studiare in Seminario".
"Papà, papà, allora, non ci andrò all'asilo?
Diglielo a Pasquinella e sgridala perché, quando tu non la
vedi, mi dà botte".
"Tranquilla, piccolina qui comando io e si fa come dico io".
Si era accesa la miccia, Pasquinella infuriata ribadì:
"Basta con questo comandare: mi hai comandato da quand'ero
in fasce ed io ho sempre ubbidito. Ora caro mio sei vecchio, puoi
comandare solo le tue galline!"
'Ntoni si alzò con difficoltà dalla sedia e con una
mano tremante colpì la guancia di Pasquinella staccandole
l'orecchino.
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