CivitasMed
Mostra-Convegno
della solidarietà e dell'economia civile

16-19 novembre 2006

Workshop: La guerra dentro
Laboratorio di teorie e pratiche politiche di mediazione dei conflitti

venerdì 17 novembre 2006 ore 16,00

Cosenza - Cupole geodetiche
Sala convegni

Uno sguardo su donne algerine

di Esther Basile

Tutto l’incontro verte sul tema dei diritti. Forse potremmo dire che nel campo dei diritti umani fino ad oggi vi è stata un’ottica di parte, intendendo dire che la visione occidentale dei fatti lascia un vuoto. Ecco perché sono sicura che l’intera giornata di studio sarà un tassello di completamento. La cosa che mi preme dire, interpretando e facendo mio il pensiero dell’avvocato Gerardo Marotta è che la cultura trovi sempre maggiori spazi e possibilità di divulgazione, non solo in posti preziosi e privilegiati come Palazzo Serra di Cassano, la cui storia è pregna di significati e memoria. Non c’è cultura se non c’è possibilità di esprimere questa cultura e di farlo liberamente nel confronto dialettico, interculturale, intereligioso, temi tutti di grande attualità per i nostri tempi. La scommessa è l’estensione di questo pensiero in una città come Napoli che amiamo e che vorremmo sempre di più vedere progredire. Capitale nel ‘600 dalla storia non confutabile, abitata ancora oggi da validi condottieri. In primis il nostro Don Chichotte l’amico Gerardo Marotta che a questo Palazzo e a questa nostra città ha regalato un’officina di pensiero per la formazione dei giovani e delle giovani donne. Parlare di una cultura dei diritti è compito arduo e assai complesso, sicuramente significa condividere una priorità ed anche condivisione di un percorso femminile di tante donne ricercatrici e non per poter creare un’occasione di interscambio. Lo auspica Tullia Zevi insieme agli altri ospiti del Palazzo. Anche quando parliamo di Velo che svela e nasconde come scrivono alcune antropologhe attente come Gianfranca Ranisio, anche quando Francesca Corrao leggerà poesie arabe che ci riportano ad un clima specifico, la nostra attenzione dovrà fermarsi sui contenuti essenziali. Mi piace in questa collocazione menzionare Fatema Mernissi studiosa del Corano e scrittrice che da molti anni svolge attività di ricerca e insegnamento in ambito internazionale, che dopo aver approfondito nei suoi Saggi precedenti la tradizione femminile, oggi si misura con un Testo completamente diverso come Karawan alla scoperta di un Marocco dove terrorismo, razzismo e neo-colonialismo possano arretrare difronte al dispiegarsi di un Islam umanista, nutrito di democrazia e diritto alla critica. Diritto quindi a manifestare la propria cultura, a difendere la propria identità culturale che deve essere riconosciuto, considerando le trasformazioni intrinseche ai movimenti. Il mondo arabo e noi, continua mediazione in un sano equilibrio. A tale proposito vorrei ricordare a noi tutti la Rassegna sui Paesi Arabi di cinema-arte-danza-musica e teatro avvenuta nel 1997 con il Comune di Napoli che aprì ad altri confronti.

Vorrei accennare come specifico mio intervento ai gruppi di donne algerine prima del 1988, quando la partecipazione delle donne algerine al Movimento di liberazione nazionale fece nascere grandi speranze per quanto riguardava il miglioramento della condizione delle donne nell’Algeria indipendente. Lo statuto giuridico delle donne in Algeria ha potuto trovare un consenso tra le diverse forze al potere solo nel 1984, attraverso l’adozione del Codice della famiglia che fa della donna un’eterna minorenne. Nei paesi occidentali la rivendicazione dei diritti delle donne ha assunto un certo rilievo negli anni ’60 ed una dimensione internazionale negli anni ’70;ciò non è stato senza effetto nel mondo arabo e nel Maghreb, dove le donne cominciavano a porre il problema della loro condizione d’inferiorità. Come si sono organizzate le donne in Algeria al di fuori del quadro istituzionale , che era quello dell’UNFA(Union nazionale des femmes algèriennes) sotto l’egida dell’ex partito unico il Fln? Fin dall’inizio degli anni ’80 alcune donne cercarono di trovare degli ambiti specifici, tenendo conto delle condizioni particolari e dei vincoli, che permettessero una maggiore partecipazione femminile all’attività politica e ai compiti di edificazione nazionale. Associazioni di donne in diversi periodi dal 1988-1991 e dal 1992 al 1997 hanno creato collettivi che sfociarono nella costituzione di un coordinamento nazionale nel 1989, che ha dato come esito una piattaforma ancora attuale. Nel periodo che va dal 1989 al 1991 il movimento delle donne è apparso come il movimento sociale più unito nella sua diversità. Questo movimento di donne, nato nel contesto del pluralismo e attorno alla rivendicazione dei diritti, ci induce a porre diverse domande. Le rivendicazioni avanzate nel quadro di questo nuovo movimento sono fondamentalmente diverse da quelle dei gruppi del periodo 1962-1988 e dalle istanze delle donne all’interno del Movimento di Liberazione nazionale? Si aprirebbero molte possibilità di confronto e lo faremo in altra sede. Le donne sono state le prime a prendere coscienza del periodo della violenza integralista. Il 23 Novembre 1989 hanno organizzato in alcune città come Algeri, Annaba.. dei sit-in di condanna degli atti di violenza integralista nei confronti di tre donne, hanno ricordato le numerose aggressioni psicologiche organizzate dai fratelli musulmani fin dagli anni’70 contro gli studenti. L’esame delle diverse dichiarazioni in occasione dell’8 marzo 1990 mostra come alcune associazioni abbiano preferito non capire, mentre altre pensavano ad un pericolo incombente. L’Afepec, che aveva condannato con fermezza la proposta degli integralisti, si è vista recapitare una lettera di minaccia di morte per una delle sue dirigenti la defunta Zoubida Pagani. Un’acuta coscienza del pericolo integralista si sviluppa in seno a diverse associazioni, l’opinione pubblica e i poteri istituzionali, prendendo la parola nei diversi incontri. Il successo conseguito dall’ex Fis alle elezioni comunali non ha fatto che accentuare la posizione radicale anti-integralista tra le militanti. Le prime misure prese dai sindaci islamisti non a caso riguardavano le donne.: chiusura delle palestre, divieto di fare musica e danza a livello di conservatorio, obbligo per il personale femminile dei comuni di portare il velo. Il colmo è stato raggiunto nell’estate del 1990 con la separazione delle famiglie in riva al mare da una parte le donne e dall’altra gli uomini. L’interruzione delle elezioni legislative del dicembre 1991 e l’organizzazione del Cnsa Comitè National de sauvegarde de l’Algérie, hanno visto le militanti costituirsi come l’ala più radicale del Movimento, con la richiesta, da parte di alcune associazioni, dell’interdizione dei partiti integralisti. Oggi viene rimproverato alle militanti di costituire un gruppo di élite, occidentalizzato e lontano dalle realtà delle donne. Le militanti rispondono che la lotta per i diritti non è mai stata sostenuta da tutta la società, ancora meno nei paesi arabo-musulmani.

A ben vedere il problema non è specifico del movimento delle donne, ma si pone per tutti i movimenti sociali in Algeria ed è legato all’emergere della società civile. E’ opinione diffusa che la questione dei diritti delle donne sia stata relegata in secondo piano e abbia lasciato il posto alla lotta contro il terrorismo e l’integralismo. L’oggetto centrale delle nostre analisi dovrebbe essere la cittadinanza piena e intera del soggetto Femminile. Ma una cittadinanza piena non può essere realizzata se non nel quadro di leggi egualitarie, conformi ai valori universali dei diritti della persona umana, al di fuori di ogni riferimento alla religione. Oggi le donne di tutte le latitudini devono interrogarsi sul postmoderno e sull’azione politica. Stiamo vivendo cambiamenti economico-sociali e politici radicali non solo nei paesi dell’Europa centro-orientale, ma nell’intero sistema mondiale. Sappiamo che la globalizzazione crea anche un contesto nuovo per le politiche nazionali e che le basi nazionali della politica sono state anch’esse trasformate radicalmente. Negli ultimi anni abbiamo assistito in Germania all’approfondirsi di un gap tra la teoria femminista da un lato e gli sviluppi della politica delle donne e il movimento femminista dall’altro. Eppure per alcune femministe la teoria postmoderna appare attraente perché rimane nei limiti del discorso accademico e sceglie di non occuparsi di pratiche politiche nelle istituzioni e nel movimento delle donne.
Il dibattito postmoderno sulla dissoluzione della donna come soggetto( si veda Feministiche Studien 1993,Kopl 1995) comporta l’impossibilità di aspirare ad un programma politico per le Donne. Nello stesso tempo s’è verificata in Germania una forte istituzionalizzazione delle donne e della politica dell’uguaglianza. E’ possibile che la modernizzazione dello stato indotta dagli imperativi economici dia adito a una ri-mascolinizzazione dell’amministrazione pubblica e a una riduzione dell’impegno politico nelle Pari opportunità. Dalla metà degli anni ’80 il movimento autonomo delle donne ha affidato parte dei suoi programmi alla politica istituzionale e a quello che chiamiamo femminismo istituzionale (Kontos 1994). Occorre re-interrogarsi sul senso della politica e sul processo culturale che deve tener conto della memoria di chi ci ha preceduto, donne che hanno partecipato per esempio alla Costituente come Giglia Tedesco e tante altre combattenti come Joice Lussu che hanno fatto della loro passione politica un esserci e un agire. Dove la qualità della politica non dipende da dove si colloca ma attiene al nesso intimo tra modificazione di sé, relazioni e loro contenuti, contesti. Se l’islamismo non ha preso il potere come dice la Sgrena in Algeria lo dobbiamo alle donne. Gli islamisti iniziano nel 1989 la loro campagna di moralizzazione contro le donne, oltre all’obbligo del velo, cercano di imporre la segregazione dei sessi nelle scuole, impediscono alle ragazze di fare ginnastica etc., controllano i loro movimenti nelle Università. Molte oggi le Associazioni di donne che riprendono la lotta contro il codice della famiglia, senza aspettare che il terrorismo sia finito. L’abolizione della poligamia. Il divorzio sono temi cruciali. Le donne islamiche non hanno nessuna identificazione in rapporto con la loro storia, ma solo con i ruoli loro assegnati. Innanzitutto la donna è madre, ed è la maternità che la sacralizza.

Bibliografia
Andare ancora al cuore delle ferite: Renate Siebert intervista Assia Djebar, La Tartaruga 1997
Assia Djebar- Bianco d’Algeria-Milano, Il Saggiatore 1998
Marta Nussbaum- Diventare persone:donne e universalità dei diritti-Bologna, Il Mulino 2001
Amartya Sen- Libertà individuale come impegno sociale-Roma–Bari Laterza 1998
Donne Disarmanti-a cura di Monica Lanfranco e Maria Rienzo- Ed.Intra Moenia 2003
Fatema Mernissi- Karawan- Dal deserto al web- Giunti 2004
Elisabeth Badinter- La strada degli errori-Feltrinelli 2003
Annarita Buttafuoco –La trama di una tradizione-Leggere Franca Pieroni Bortolotti-Università di Siena-Quaderni di Studi di donne
Enzo Pace- Sociologia dell’Islam-Ed.Carocci
Giuliana Sgrena-Kahina contro i califfi- Islamismo e democrazia in Algeria- Datanews 1997

Esther Basile: Delegata Istituto Italiano per gli Studi Filosofici- Presidente Associazione Eleonora Pimentel dal 1996- Già Presidente Consulta Regionale Femminile Pari Opportunità- Ideatrice Progetto La Tela Del Mediterraneo.

 
 
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