CivitasMed
Mostra-Convegno
della solidarietà e dell'economia civile
16-19 novembre 2006
Workshop: La guerra dentro
Laboratorio di teorie e pratiche politiche di mediazione
dei conflitti
venerdì 17 novembre 2006 ore 16,00
Cosenza - Cupole geodetiche
Sala convegni
La guerra dentro
di Nadia Gambilongo
Ho il piacere di darvi il benvenuto
a questo workshop e il piacere è tanto più grande se comparato
alle difficoltà oggettive di organizzare una occasione di confronto,
in un momento grave come quello attuale.
Un momento in cui i conflitti in Medio Oriente, nel mondo e nella nostra
regione hanno raggiunto livelli di durezza mai conosciuti prima.
Conflitti locali, nazionali, internazionali che si intrecciano, si influenzano
vicendevolmente, rendendo la realtà sempre più complessa
e lontana dalla nostra capacità di influenzarla e, in qualche modo,
di cambiarla.
La nostra capacità di incidere nel quotidiano, il nostro contributo
sembra diventare sempre più infinitesimale, irrilevante.
E' questa, a mio avviso, la più grande trappola dei nostri tempi,
la sensazione di impotenza che proviamo di fronte alle guerre ed ai conflitti,
ci deresponsabilizza, ci allontana dalla politica che diventa sempre più
una cosa da faccendieri, allontanandola, progressivamente, dalla nostra
realtà di tutti i giorni.
Il senso di questa iniziativa e del lavoro
che portiamo avanti da quasi un ventennio, è quello di tentare
di ribaltare questa logica, proponendo di partire da sé, dalla
nostra realtà, per assumerci in prima persona la responsabilità
della nostra esistenza e dei rapporti che instauriamo con gli altri, con
le altre.
A partire da sé,
. a partire da noi vorrei che, oggi, parlassimo
dei conflitti, della guerra che viviamo nel nostro quotidiano, compiendo
un doppio movimento: partire dalla nostra realtà, assumendoci a
pieno la responsabilità delle nostre esistenze nei luoghi in cui
viviamo, per arrivare alle altre, inserendo il nostro contesto locale
in quello globale.
Si tratta di un percorso consapevole, in cui non subiamo un fenomeno più
grande di noi che sembra inarrestabile, la globalizzazione, ma tentiamo
- in qualche modo - di indirizzarlo, di umanizzarlo.
Partiamo, quindi, dalla Calabria.
La 'ndrangheta era una delle mafie più marginali del panorama nazionale
e mondiale delle mafie; gli uomini e le donne della 'ndrangheta vivevano
di qualche sequestro, e con i soldi dei rapimenti mantenevano le famiglie,
pagavano gli avvocati per i parenti in prigione; si trattava. Sostanzialmente,
di un'"economia" di sopravvivenza.
Attualmente, la 'ndrangheta è diventata la prima mafia nel mondo
nel commercio di droga. Quest'ultimo, è un fenomeno con cui il
mondo ormai deve fare i conti, non soltanto i calabresi. Oppure, pensiamo
veramente che questo problema riguardi solo la locride, abbiamo forse
l'illusione che a Cosenza viviamo una realtà diversa, o che qualche
cittadina del nord sia immune da questo problema?
Purtroppo non è così.
La 'ndrangheta, si è mossa in un ottica di governo della globalizzazione.
Può apparire un paradosso, ma la 'ndrangheta, di fatto, si è
delocalizzata, spostando le sue aree di intervento in sudamerica, acquistando
interi quartieri in Germania, spostando ingenti somme di denaro in svariate
periferie del mondo, mantenendo, però, un forte legame con il suo
territorio d'origine ed influenzando la vita politica economica e sociale
del territorio d'appartenenza.
La 'ndrangheta in Calabria vota e fa votare.
Di fronte a questo panorama agghiacciante che blocca e congela la vita
politica e sociale della nostra regione ed esaspera i conflitti politici,
noi pensiamo che proprio da questi luoghi difficili debba partire un progetto
nuovo che cambi il nostro approccio alla realtà e la modifichi
profondamente.
Vorrei arrivarci per gradi ed attraverso un sforzo comune.
Il livello di conflittualità raggiunto dal nostro territorio è
figlio di un contesto fortemente inquinato politicamente ed ecomicamente
dalle mafie e dalla massoneria.
Non è un caso che in Calabria, quando si avvia un percorso sembra
che sia necessario sempre partire da zero.
Oggi, sono fiera di parlare dalla Terza edizione di Civitas Med, questa
mostra convegno è giunta al suo terzo anno di vita, e gli organizzatori
sanno bene quanto sia difficile dare continuità ad iniziative come
queste in Calabria.
MEDiterranean MEDIA ha intrapreso il suo lavoro di tessitura di una fitta
rete di relazioni a partire dal 1994 e da allora non si è mai interrotto
si è solo spostato tra il qui e il là.
A volte abbiamo lavorato più sul qui, del nostro difficile territorio,
altre volte operando più in là nell'area del Mediterraneo,
dei Balcani ed ancora più ad est in Afganistan.
Personalmente penso che lavorare alle reti internazionali sia più
interessante e dia maggiori soddisfazioni, ma il senso di responsabilità
mi dice che è qui che devo radicare i miei progetti.
Penso alla Conferenza di Pechino sulle donne, la nostra associazione è
stata tra le quattro associazioni italiane accreditate alla Conferenza
delle Nazioni Unite. Penso ai progetti di cooperazione e scambio che abbiamo
realizzato in Israele e in Palestina, in Albania.
Questo lungo percorso iniziato nel 1994,
con un progetto europeo che si chiamava MEDiterranean Women Network -
ma già nel 1989 era nata la rivista "Mediterranea. L'osservatorio
delle donne" - prevedeva la costruzione di una rete di relazione
e scambio tra le donne dell'area del Mediterraneo, tesa al superamento
dei conflitti. Pensavamo, allora, un po' pionieristicamente, che le reti
telematiche ci avrebbero supportate e, di fatto, è stato così,
le e-mail che, oggi, per molte di noi sono una consuetudine, hanno facilitato,
più di dieci anni fa, i rapporti e gli scambi, favorito l'incontro
tra le donne che vivono lontane. La rete di relazioni, supportata dalla
rete telematica ha contribuito a rompere l'isolamento che molte di noi
vivono.
In quest'ultimo mese il nostro sito è diventato un cantiere di
idee: abbiamo pubblicato le prime riflessioni preparatorie del workshop
di oggi, bibliografie ragionate ed eventi collegati; stiamo pubblicando
le relazioni.
Oggi molte cose, fortunatamente, ci sembrano ovvie, ma non è sempre
stato così, parlare di multiculturalismo solo dieci anni fa era
una stravaganza e non solo in Calabria. Attualmente, se ne parla molto,
bisogna arrivare a lavorare concretamente sul multiculturalismo, creando
una vera e propria scuola di mediazione dei conflitti che in Calabria,
e purtroppo nel mondo, è il nodo della questione.
In Calabria le esperienze positive non riescono a sedimentarsi, a creare
le basi di una crescita di cittadinanza. Nascono e, purtroppo, muoiono
progetti pilota importanti, non riescono a fare scuola, non costruiscono
esperienza, know-how, come si dice. Non abbiamo memoria e per questo non
riusciamo a costruire futuro e a vivere un presente da cittadini.
E' questa la nostra scommessa di oggi per costruire un domani diverso.
Il senso di responsabilità mi dice
che, oggi, più che mai è qui che devo lavorare, ma in rete
con le altre amiche e gli altri amici sparsi per il mondo.
Agire localmente, pensare globalmente, deve diventare la nostra pratica
politica e il nostro modo di costruire teorie ancorate alla realtà.
Dare le coordinate della nostra posizione per poi muoverci subito dopo
verso le altre, gli altri
il mondo.
E' quello che abbiamo tentato in numerosi progetti di cooperazione trasnazionali,
e che oggi, vogliamo fare qui.
Questo workshop, che si inserisce in un percorso intrapreso da tempo -
quella di stasera è solo una tappa - mi auguro che ci spingerà
più avanti rilanciando il livello delle proposte.
Mi auguro che domani potremo portare un nostro documento condiviso all'Euroconferenza
che tracci parte dell'itinerario futuro.
Ma è il momento di dare la parola alle altre amiche venute da lontano
per portare qui, a Cosenza, il loro contributo.
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