CivitasMed
Mostra-Convegno
della solidarietà e dell'economia civile

16-19 novembre 2006

Workshop: La guerra dentro
Laboratorio di teorie e pratiche politiche di mediazione dei conflitti

venerdì 17 novembre 2006 ore 16,00

Cosenza - Cupole geodetiche
Sala convegni

DONNE ISRAELIANE E PALESTINESI CONTRO LA CULTURA DELLA GUERRA

di Nava Elyashar, Bat Shalom, Gerusalemme

Mi chiamo Nava Elyashar. Sono una donna ebrea, israeliana, sposata e madre di tre figli. Sono laica per scelta e sono una convinta attivista di pace femminista. Sono un'analista informatica e vivo a Gerusalemme. Da molti anni opero in organizzazioni progressiste che hanno come obiettivo la Pace e l'uguaglianza.
Come donna e come madre sono convinta che l'unico modo per fermare la guerra sia quello di arrestare l'educazione alla cultura della guerra. Nella nostra area ci sono tre cose veramente influenti che consentono la diffusione della cultura della guerra, e sono la cultura del militarismo, la cultura della democrazia e la cultura del comportamento immorale

La cultura del militarismo in Israele
In Israele, il militarismo è come l'aria che si respira. Non inizia quando vai nell'esercito e non finisce quando torni alla vita civile. E' radicato nel nostro sistema, nelle nostre menti, nelle nostre coscienze e nella nostra anima, dalla nascita alla morte. Per 18 anni i genitori crescono e amano i propri figli, per poi accettare senza esitazioni l'obbligo di mandarli nell'esercito, di ammazzare e di essere ammazzati. Gli israeliani credono ancora di essere delle deboli vittime costrette a combattere per la loro vita contro i potenti. Il militarismo influenza le nostre vite fin dal primo giorno all'asilo nido, dove ci raccontano gloriose storie di guerra, e noi continuiamo su questa via anche quando siamo genitori e mandiamo i nostri bambini sempre allo stesso sistema d'istruzione. Il militarismo israeliano va di pari passo con lo sciovinismo tradizionale e il sistema patriarcale. Il militarismo è un modo di pensare, di sentire e di comportarsi. A volte è l'unico modo per un individuo di essere accolto nelle braccia forti e protettive della comunità.

Una buona referenza del "servizio militare" può aprirti le porte per una migliore carriera nella tua vita civile. Coloro che decidono di diventare soldati professionisti potranno lasciare l'esercito a 40-42 anni, con una pensione completa e con ancora maggiori opportunità per la vita civile.
Molti ex-soldati sono invitati ad entrare a far parte di partiti politici, e sono spesso eletti parlamentari o membri del governo. Dal Parlamento hanno il potere di decidere su questioni di Guerra e di Pace.
Per gli ex-soldati è facile trovare un'occupazione nelle alte cariche di qualsiasi ambito. Molti diventano direttori di scuole e hanno un'influenza diretta su come progettare le menti dei giovani studenti. Molti diventano dirigenti di gruppi finanziari o di grandi cooperative. Molti altri avviano attività private ed è facile che vincano appalti dallo Stato. Anche dopo aver lasciato l'esercito da molto tempo continuano a celebrare Israele come se fossero militari.
Per le donne di Israele la cultura militarista è il principale ostacolo al raggiungimento della pace. Fino a quando i nostri figli vedranno nel potere uno strumento necessario, non saranno in grado di aprire le proprie menti alla cultura della Pace e dell'accoglienza.
Non sorprende il fatto che le donne siano state le prime a cominciare la lotta contro il militarismo in Israele. Le donne non traggono infatti alcun vantaggio nel servire il sistema militare. Non hanno mai raggiunto alte cariche nella gerarchia dell'esercito. Molte donne sono ancora costrette a lavorare per due anni in posizioni subordinate, come battere a macchina e preparare il caffè.
Fino a poco tempo fa, le molestie sessuali nell'esercito erano considerate come facenti parte della "norma comportamentale". Era quasi impossibile protestare contro un ufficiale anche quando era stato commesso uno stupro. L'ufficiale accusato era sempre descritto come "eccellente comandante" e la vittima veniva espulsa dal reggimento senza possibilità di discussione e senza alcun riconoscimento delle sue sofferenze.
Negli ultime tre anni, giovani uomini e donne hanno rifiutato di servire nelle Forze di Occupazione Israeliane. Essi vengono messi in prigione militare per mesi, in continuazione, ma nonostante ciò non cambiano la loro protesta. Noi, donne più adulte, speriamo che la nostra lotta contro il militarismo possa influenzare la scelta coraggiosa di questi giovani.

Democrazia in Israele

Israele si fa chiamare "l'unico Paese democratico del Medio Oriente" dichiarando che "La Pace sarà raggiunta solo quando gli avversari avranno adottato un sistema democratico". Ma si può davvero parlare di democrazia quando si occupa la terra di un altro popolo?
I principi fondamentali della democrazia non esistono nei territori occupati. Uno degli ufficiali di grado più elevato, che ha il controllo di un'ampia sezione dei Territori Occupati, ci ha chiesto di incontrarlo e ha affermato: "I palestinesi stanno sotto le leggi militari, e non hanno diritti". Subito dopo ha corretto la sua affermazione estrema dicendo: "I palestinesi dovrebbero avere diritti umani". Ogni giorno siamo testimoni di innumerevoli casi in cui ai palestinesi non vengono dati neanche i diritti umani più basilari.
In Israele ci sono alcuni gruppi di pressione che si chiedono se sia giusto essere democratici "in un periodo così brutto". Per i gruppi religiosi estremisti nella Democrazia di Israele esiste spesso una contraddizione rispetto alle loro leggi religiose. Questi gruppi tentano, e spesso riescono, a sottoporre la legge civile all'antica dottrina della Bibbia.
Le donne ebree e musulmane sono le maggiori vittime di queste leggi obsolete che sono state "consegnate" al popolo di Israele 3.000 anni fa. Non siamo considerate uguali agli uomini. Una donna ebrea non può porre fine al matrimonio a meno che il marito non sia d'accordo a volere il divorzio. In Israele i matrimoni civili sono riconosciuti, ma i divorzi devono essere fatti nel tribunale religioso.
I gruppi femministi hanno lottato per anni per cambiare la situazione. Abbiamo avuto risultati positivi quando al Tribunale della Famiglia è stata attribuita l'autorità di occuparsi della gestione del denaro e delle questioni riguardanti i figli. Ma, se il marito si rifiuta di accettare le disposizioni del Tribunale della Famiglia, può restringere tutti i vantaggi della donna dicendo: "non permetterò di concederle il divorzio", portando avanti così la cultura del comportamento immorale.

La cultura della discriminazione e del comportamento immorale in Israele
Il comportamento immorale è, nella maggior parte dei casi, il risultato del militarismo e dello stile di vita non democratico. La maggior parte degli Israeliani non riesce a separare la paura degli attacchi terroristici dall'odio verso la popolazione palestinese.
Molti israeliani giustificano la discriminazione della popolazione araba all'interno di Israele come una necessità "mentre è in atto la guerra". Con la scusa della diffidenza e dell'antipatia essi attuano una continua discriminazione verso la popolazione araba. Per le leggi israeliane, la popolazione araba che si trova in Israele è israeliana proprio come la popolazione ebrea di Israele. Dovrebbero avere gli stessi diritti, la stessa distribuzione delle risorse e gli stessi vantaggi, ma semplicemente non li hanno.
Nella scala della disoccupazione le città arabe sono ai livelli più alti e la prima città che conta una popolazione ebrea si trova solo al 23° posto. La discriminazione riguarda anche l'istruzione e le condizioni sanitarie. Nelle aree agricole la distribuzione dell'acqua dei villaggi arabi è la metà rispetto a quella dei villaggi ebrei che si trovano nelle vicinanze. I marciapiedi, i canali di scolo, i trasporti pubblici e i giardini pubblici non esistono nella maggior parte delle aree Arabe. Solo in una cosa possiamo essere considerati uguali: entrambi paghiamo le stesse tasse.
Noi, donne israeliane, musulmane, cristiane ed ebree, lavoriamo insieme per aumentare l'uguaglianza tra tutti i cittadini israeliani. Molte donne arabe stanno svolgendo come lavoro di tutti i giorni quello di insegnare e incoraggiare le altre donne mostrando loro come migliorare le proprie vite, anche sotto le restrizioni della tradizione e della discriminazione.

Le donne israeliane contro la cultura della guerra
Molti gruppi di attivisti di sinistra, israeliani e palestinesi, lavorano insieme per la Pace. Noi soffriamo delle ingiustizie che avvengono ogni giorno, delle continue uccisioni e della disperazione che si sta diffondendo in Palestina e in Israele. Cerchiamo di promuovere idee di condivisione e di associazione. Vogliamo porre l'accento sul fatto che ogni bambino palestinese è il figlio di una madre che lo ama proprio come noi amiamo i nostri figli, e solo in questo modo possiamo realmente impedire l'uccisione di bambini, da entrambe le parti.
Le azioni terroristiche hanno solo portato a reazioni terroristiche. Per costruire la fiducia dobbiamo lavorare in modo positivo aiutando, parlando, ascoltando, curando, costruendo, nutrendo...
In Israele esistono molte ONG di donne che operano per la pace. Questi gruppi conducono azioni differenti ma hanno gli stessi motivi e gli stessi obiettivi. Protestiamo tutti contro i risultati dell'occupazione israeliana.
Ci sono numerosi gruppi di ONG nei quali uomini e donne lavorano fianco a fianco con metodi non violenti. Ciò nonostante la maggior parte delle ONG miste non riesce ad evitare il contatto fisico violento. A volte cercano addirittura di essere arrestati per avere l'attenzione della stampa.
Le ONG di donne cercano di evitare la violenza in ogni caso. Noi crediamo che con la parola e con l'aiuto diretto si possano raggiungere risultati più efficaci che con le grida e le provocazioni.
Qui sotto indicherò il nome di tre organizzazioni di donne nelle quali sono impegnata, che operano tutte e tre secondo i principi della non-violenza:
Bat-Shalom e il Jerusalem-link, che si occupa dei rapporti reciproci tra israeliani e palestinesi.
Donne in Nero, che fa manifestazioni e chiede di fermare l'occupazione.
Machsom (checkpoint) Watch, donne che controllano i posti di blocco dell'esercito per testimoniare e aiutare i palestinesi a cui vengono negati i diritti.

1. Il Jerusalem Link: Bat-Shalom e il JCW:
Bat Shalom è stata fondata nel 1988 ed è la più grande organizzazione femminista che lavora in stretta collaborazione con le organizzazioni di donne palestinesi per raggiungere un accordo di pace fra Israele e i vicini arabi. Il Jerusalem Centre for Women (JCW) è un'organizzazione di donne palestinesi che ha sede nella parte est di Gerusalemme e che opera insieme a Bat Shalom.
Le due organizzazioni lavorano separatamente, svolgono attività differenti e hanno diverse gestioni, ma fanno parte entrambe di un'organizzazione comune, il Jerusalem Link.
Anche le donne di Bat Shalom hanno sempre operato nell'area locale. Stiamo cercando di cambiare l'opinione prevalente degli israeliani, per infondere la speranza e la convinzione che può esistere un'altra strada, che anche dall'altra parte ci sono degli esseri umani vulnerabili, e che insieme è possibile trovare una soluzione che possa dare lo spazio necessario per vivere ad entrambe le parti.

2. Donne in Nero
Nel 1987, all'inizio della prima Intifada, alcune donne da tutta Israele si sono unite alle manifestazioni settimanali delle Donne in Nero. Noi vediamo nell'occupazione il male più grande che genera tutti i singoli mali. Manifestiamo in silenzio, vestite di nero, e teniamo cartelli neri che dicono: "Stop all'occupazione"
Le reazioni dei tassisti, dei passanti e anche delle donne è talmente impressionante che siamo sicure che il nostro messaggio viene ascoltato, forte e chiaro, dalla popolazione a cui mira. Uomini e donne imprecano contro di noi e a volte fanno riferimento alla nostra sessualità: "Puttane degli arabi", al nostro genere: "Tornatevene in cucina", alla nostra apparenza fisica: "Siete così brutte che è anche difficile guardarvi" , o alla nostra famiglia: "Spero che i terroristi ammazzino i vostri figli". Ma il più delle volte sentiamo delle imprecazioni nazionaliste: "Dovreste essere ammazzate, traditrici della patria".
Durante le manifestazioni delle Donne in Nero, chiediamo anche allo stato di Israele di consentire ai lavoratori palestinesi di poter mantenere le loro famiglie, di consentire ai bambini palestinesi di andare a scuola regolarmente e di dare un'assistenza medica adeguata a donne e bambini. Ma la nostra richiesta principale è di fermare le punizioni collettive vendicative che non servono a contribuire alla sicurezza e aumentano soltanto l'insicurezza, la malattia, la fame e l'umiliazione cui sono sottoposti i palestinesi.

Machsom (Checkpoint) Watch:
Nel 2000, all'inizio dell'Intifada di Al Aksa, è stata fondata una nuova organizzazione di donne, il Machsom-Watch. La nostra missione è di indagare e descrivere cosa succede ai posti di blocco, e di aiutare i palestinesi in difficoltà: quelli cui viene impedito di passare, quelli che sono trattenuti dalle forze israeliane e quelli che hanno bisogno di appoggio morale e di comprensione. Donne di tutte le età sono entrate a far parte del Machsom-Watch. Ispezioniamo regolarmente i posti di blocco principali a sud e a nord di Gerusalemme così come i posti di blocco di tutta Israele.
Al giorno d'oggi i lavoratori palestinesi si trovano di fronte a una strada senza uscita. Se obbediscono alla legge israeliana e rimangono a casa, i loro figli rischiano di morire. Se invece cercano di entrare, illegalmente, nel territorio israeliano, con la speranza di trovare qualcuno che possa offrire loro un lavoro giornaliero, rischiano di essere colpiti. A volte un lavoratore che ha a carico tutta la famiglia riesce a lavorare un giorno al mese, ma molto spesso neanche questo. La polizia e l'esercito israeliani sono schierati per tutta Gerusalemme, e la loro presenza aumenta vicino ai posti di blocco. Il loro obiettivo è di fermare i palestinesi che non hanno il permesso di passare, con la scusa che potrebbe trattarsi di terroristi.
All'inizio i soldati ai posti di blocco cercavano di farci allontanare dichiarando che ci trovavamo in una zona militare non autorizzata, o che ci avrebbero protetto dal grande pericolo di stare vicino alla popolazione palestinese, o ancora che interferivamo e li disturbavamo mentre erano al lavoro.
Con il passare del tempo anche gli ufficiali dell'esercito si sono resi conto che la nostra presenza ai posti di blocco contribuiva ad abbassare il numero di aggressioni da entrambe le parti. Adesso abbiamo il permesso di fare il nostro lavoro. Abbiamo anche una lunga lista di numeri di telefono segreti della polizia e dell'esercito e chiamiamo gli alti comandanti ogniqualvolta il loro ordine immediato può aiutare. Se riusciamo ad aiutare anche una sola famiglia palestinese, ci sentiamo molto soddisfatte. Non dimentichiamo mai il quadro generale dell'occupazione, ma crediamo che ogni singolo atto contribuisca a creare una più ampia azione contro il male.

Sintesi e Conclusioni
In Israele e in Palestina si respira un'atmosfera di aggressione, di egoismo, di ristrettezza mentale e di non-creatività. Le persone sono ben preparate alle condizioni della guerra e non sono pronte ad accettare i cambiamenti necessari al raggiungimento della Pace e dell'Uguaglianza.
Noi, donne di Israele e di Palestina, sentiamo che le autorità e la comunità ci proibiscono di educare i nostri figli alla Pace.
Noi siamo qui per dichiarare che ci prendiamo la responsabilità di educare sia i nostri figli che i nostri vicini alla comprensione, alla condivisione, per cercare la Pace.

 
 
INTERVENTI
 
 
 
STOP
THE WAR
 
NEWS
 
APPELLO
		

E-Mail
Home